sabato 24 dicembre 2011

Lo zero e il nulla

La civiltà moderna ha scoperto lo zero in epoca relativamente recente. Gli antichi romani ad esempio non lo conoscevano o per essere più precisi non ne facevano molto uso.
E' la civiltà araba ad averlo introdotto probabilmente avendolo appreso da civiltà più antiche.
Nella notazione posizionale dei numeri il suo ruolo è essenziale.
La difficoltà concettuale nel comprendere questo simbolo e il suo uso sono legati alle difficoltà di immaginare un significato per il 'nulla'.
Ma in verità questo simbolo non rappresenta il nulla, pituttosto una quantità nulla.
La differenza è sottile ma importante.
Se in un raccolta di fondi per beneficenza ad esempio chiedo ad una serie di persone di compilare un modulo indicando la cifra che intendono versare, e qualcuno compila il modulo mettendo zero nella casella dell'importo, significa che quella persona non intende versare niente.
Ma se lascia in bianco quella casella, e invia ugualmente il modulo non posso trarre alcuna conclusione riguardo al cifra che intende versare.
L'esempio sembra un po' assurdo, perchè una buona applicazione software probabilmente renderà obbligatorio inserire in quel campo un valore maggiore di zero.
Nelle applicazioni pratiche in molte situazioni non si desidera avere a che fare con l'incertezza legata ad un vero valore nullo.
Si introduce in questo caso un valore di DEFAULT. Significa che se l'utente non si esprime allora verrà preso come risposta un valore standard fissato in anticipo.
Questa soluzione è valida tutte le volte che abbiamo bisogno di una risposta, per poter procedere con delle decisioni, anche nel caso queste risposte non arrivino.
E' il principio ad esempio del 'silenzio assenso' utilizzato nel diritto. Significa che quando applichiamo questo principio e rivolgiamo una domanda a qualcuno, abbiamo fissato un valore di default affermativo.
Soprattutto in situazioni importanti della vita dunque, non esprimersi quando lo si dovrebbe fare equivale spesso ad abbracciare in realtà una risposta.
Meglio in questi casi esprimersi chiaramente piuttosto che nasconderci dietro l'ambiguità di non rispondere.
In molti casi non prendere posizione ci evita la scocciatura di affrontare le situazioni, mentre farlo ci costringe magari ad un confronto con altre idee o altri pareri. In un ambiente libero e rispettoso di tutti, ciò non dovrebbe mai avere conseguenze negative.

venerdì 16 dicembre 2011

Cara amica

Lei si disvela come illuminazione che rischiara ció che si credeva già inondato di luce, ma in veritá era solo avvolto dalla foschia.
Un' illusione creata dalla convinzione che ciò che si studia sui banchi di scuola sia, se tutto va per il meglio, interessante e utile, ma non nella vita vera.
Quella è un'altra cosa, un posto in cui non c'é spazio per i sentimentalismi, nè per i sogni. Una zona che chiamiamo realtà, costruita sugli oggetti che desideriamo ma non amiamo, sull'invidia e sulla lotta, dove i discorsi dotti servono a nascondere la convinzione che nulla cambierá mai e dunque non saremo certo noi a cambiare. Le cose. Cambieranno noi.
Si impadroniranno della nostra anima nel momento in cui da accessorio diventeranno i compagni della nostra solitudine.
Compagni ingombranti, simpatici e talora utili, ma anche pesanti e invadenti, sempre pronti a toglierci il respiro.
La cultura é aria pulita. Spazio possibile. Convinzione che è il sogno che costruisce le realtà. Tutte le realtá.
Non il sogno prefabbricato che acquistiamo dai professionisti dell'intrattenimento come facciamo con i prodotti.
Si tratta dell' immaginazione che emerge nell'istante in cui ci accorgiamo che l'aria pulita che abbiamo respirato ha prodotto in noi cambiamenti profondi e irreversibili.
Lo stupore di osservare che ció che puó uscire dalle nostre bocche, dalle nostre mani e dalla nostra penna non esisteva stipata da qualche parte. E' vita appena nata.
Così le nozioni che faticosamente abbiamo immagazzinato non sono che pallide fotocopie delle infinite vite che ci circondano.
Mappe per raggiungere il luogo delle operazioni.
Ma poi dobbiamo immergerci, non possiamo imparare a nuotare rimanendo asciutti.

domenica 11 dicembre 2011

Cos'è l'Informatica ?

In questo articolo cerco di illustrare una possibile visione della disciplina indipendente dai suoi aspetti strettamente tecnologici.

Per Informatica, intendo la "Scienza dell'Informazione" ossia quella scienza che studia l'informazione, i metodi per conservarla, trasformarla e trasmetterla, per risolvere problemi o per eseguire compiti in modo automatico.

Oggi con questo termine si usa in genere in senso più ristretto, ossia come le tecnologie legate alla costruzione ed utilizzo dei computer nei diversi campi di applicazione.
Personalmente preferisco utilizzare per questo significato la sigla ICT (Information and Telecommunication Technology)
In passato si utilizzava la sigla EDP (Electronic Data Processing) che evidenziava l'uso dei computer elettronici per elaborare l'informazione.

Nel'eccezione data dalla prima definizione l'Informatica è dunque una scienza e come tale si pone il compito di comprendere dei fenomeni più che di trovare applicazioni o piuttosto migliorare quelli esistenti.
Le origini di questa scienza sono dunque precedenti all'avvento dell'elettronica e dei computer poiché anche in epoche antiche ci si era posto il problema di trattare l'informazione e di definirne gli ambiti applicativi.
Come disciplina autonoma e unitaria è ovvio che prende vita con i sorprendenti progressi tecnologici dati dall'avvento dei computer e dalla loro evoluzione. Possiamo ritrovare però i suoi metodi di indagine e i concetti fondamentali sparpargliati in altre discipline scientifiche più tradizionali: matematica, fisica, linguistica, psicologia, solo per citarne alcune. L'elettronica naturalmente soprattutto per quanto riguarda i principi di funzionamento degli apparati.

Dalla matematica eredita ad esempio il concetto stesso di algoritmo, come procedimento risolutivo, la logica booleana, sviluppata da Geaorge Boole molto prima dell'avvento dei computer e l'elenco potrebbe continuare all'infinito: il concetto di computabilità ossia calcolabilità che fa ricorso alle funzioni e alle domande fondamentali che riguardano al capacità teorica almeno potenziale di risolvere oppure no qualunque problema ben posto.
Non sto parlando in questo momento quindi delle applicazioni altrettanto importanti che l'uso dei computer ha avuto in ambito strettamente matematico, come nel calcolo numerico a quello algebrico alla statistica ecc.
Piuttosto mi interessa evidenziare come dalla matematica la Scienza dell'informazione erediti il linguaggio formale e i procedimenti rigorosi di indagine che permettono di rappresentare e manipolare oggetti astratti e dunque informazione.
Si potrebbe pensare alla Scienza dell'informazione come ad una sorta di matematica applicata dunque, che però si appoggia anche su un uso massiccio di dispositivi elettronici, studiati inizialmente dai fisici.
Nelle applicazioni moderne non si può prescindere inoltre dall'impatto che le diverse applciazioni hanno sull'uomo che le usa, inizialmente gli utenti erano principalemnte fisici o scienziati che necessitavano di un supporto automatico ai loro calcoli, oggi sono anceh le persone comuni per la attività più diverse della vita quotidiana.
Le percezioni e l'effetto che queste applicazioni possono avere sull'uomo sono ambito specifico delle scienze psicologiche e sociologiche.
La stessa definizione di Intelligenza Artificiale, nella formulazione data da Alan Turing uno dei padri dalla scienza informatica, nel famoso test di Turing, si basava sull’ipotesi che la capacità dei programmi avrebbe potuto ingannare il giudizio umano riguardo a chi fra due entità nascoste in un'altra stanza e comunicanti mediante un terminale fosse un umano e quale fosse una macchina.

La teoria dei giochi infine che valse il Nobel per l'economia al professor John Nash, la cui storia è stata abilmente interpretata nel film biografico "The Beatiful Mind", mostra come temi matematci, di economia e informatici si possano mescolare in modo inestricabile.
Una macchina che gioca a scacchi sicuramente utilizza algoritmi di teoria dei giochi, perché utilizza strategie anche complesse con lo scopo di ottenere una vittoria in un gioco dalle regole ben precise. Ma allo stesso tempo una competizione economica o addirittura una situazione di tensione militare può essere affronatta con i modelli matematici messi a punto per la prima volta da Von Neumann e altri quando posero le basi per la teoria dei giochi.

Dovrebbe essere evidente da questa breve analisi, che la disciplina scientifica che sta dietro alle splendide applicazioni dei computer ai giorni nostri ha una storia e una vocazione fortemente interdisciplinari e non solo.
Si potrebbe affermare anzi che unendo discipline scientifiche empiriche o deduttive, con scienze che coinvolgono l'uomo, tradizionalmente inclini a metodi di indagine e a filosofie differenti, la vocazione filosofica della scienza informatica sia anche fortemente 'olistica' orientata cioè alla costruzione di senso a partire dagli oggetti che ne formano la base fondamentale: 'i bit' le singole cifre binarie con cui codifichiamo nell'era moderna qualunque tipo di dato o informazione.

Il 'senso' (soprattutto quello comune), emergono come proprietà dell'intera persona, della complessità del cervello umano e delle sue reti neuronali, nelle interazioni fra le parti di qualunque sistema complesso , vivente, non vivente o misto.

Il 'riduzionismo' dunque, quell'atteggiamento che tende a scomporre in parti un sistema per studiarne le proprietà di insieme a partire dalle sue componenti, deve lasciare il passo in molti casi all'analisi di insieme come non scomponibile o classificabile in modo semplicistico.
Si tratta di interpretare le cose secondo diversi 'livelli di astrazione' ossia punti di vista che possono concentrarsi sui singoli ingranaggi piuttosto che sul comportomento unitario.
Purtroppo il legame di causa effetto tra i dettagli più minuti e il 'tutto' non sempre è controllabile e spiegabile in modo semplice, e nemmeno è sempre noto.

E' auspicabile ad ogni buon conto che qualunque livello si voglia affrontare nello studio o nelle applicazioni dell'Informatica e nelle discipline ad essa connesse, non si confondano mai le necessità pratiche con gli scopi e gli obiettivi di qualunque profonda attività di indagine e di riflessione sulla natura e sull'esistenza.

mercoledì 23 novembre 2011

Un messaggio ai miei studenti

Dopo aver scritto l'ultimo messaggio sul forum riguardante una recente lezione, ho fatto una piccola riflessione che vorrei condividere con voi. ( Ogni tanto mi capita :-) )
Ha poco a che fare con la didattica diretta, ossia che le cose che dobbiamo fare ogni giorno per assolvere bene o male ai nostri doveri.
Mi sono per un momento sforzato di immaginarmi nei vostri panni oggi, per cercare di capire come vedrei le cose e soprattutto con quali differenze rispetto a come le vedo adesso.
Naturalmente credo sia più facile riflettere su ciò che mi spinge a proporvi un argomento piuttosto che un altro a lezione, o scegliere un approccio che migliori il vostro rendimento nell'apprendimento.
Non credo nemmeno che sia così scontato che possiate apprezzare più di tanto questi sforzi, soprattutto perchè alla vostra età i problemi e gli stimoli sono i più vari e diversi, e dare importanza allo studio e per di più ad una particolare materia non credo che sia tra le vostre priorità maggiori.
Ogni docente che ama insegnare agisce sempre nella convinzione che la propria materia é la più importante di tutte, anche perchè la ama (si spera) o più semplicemente perchè ha rappresentato per lui una svolta importante nella sua vita.
Almeno per me è stato così. L'incontro con l'Informatica ha cambiato sostanzialmente il modo di essere, di pensare, di affrontare la vita lavorativa e non.
Non sto parlando dell'Informatica vista solo dal punto di vista tecnologico, ossia i computer, i programmi e tutti gli ammenicoli con cui ci trastulliamo oggi.
Se avessi incontrato altre materie così appassionanti per me, forse oggi vi farei lo stesso discorso a proposito della chimica o della fisica o di qualche altra interessante disciplina o arte.
Non è quindi questo il punto che volevo toccare con il mio messaggio.
La piccola riflessione descritta prima, riguarda il fatto che mi rendo conto di affrontare i problemi sempre da una prospettiva molto ampia, quasi filosofica direi.
Cerco di coglierne sempre tutti gli aspetti, sia tecnici che di altro tipo. Anche nelle cose che apparentemente agiscono in un ambito circoscritto come ad esempio l'ultima esercitazione.
Provo sempre ad esercitare creatività in quello che faccio, a non dare nulla per scontato, a verificare e testare sul campo ciò che immagino. A non essere superficiale nella scelta delle parole.
Tutto questo lo devo sicuramente ad uno studio attento dell'Informatica, ma anche a scelte culturali e filosofiche ben precise.
Serve poi avere certamente la fortuna di incontrare persone straordinarie che possano arricchirti come nessun libro potrà mai fare.

Allora vorrei concludere con un'osservazione: viviamo in un epoca di grandi mezzi tecnologici, che ci possono aiutare tantissimo nello sviluppo del nostro percorso di crescita culturale e umana. Non sprechiamoli.
Le risorse a cui possiamo accedere ci portano anche grandi distrazioni e il momento generale non è di quelli che stimola certamente l'ottimismo e la voglia di fare.
Non giocate quindi al ribasso. Forse è un errore anche da parte di noi insegnanti cercare di fornirvi le spiegazioni come fossero omogeneizzati o latte del biberon.
Il mondo non è un posto per poppanti. E il tempo vola via in fretta.
Cerchiamo di tenere viva sempre la creatività e l'intelligenza e soprattutto la voglia di scoprire.

giovedì 10 novembre 2011

La fine del Berlusconismo ?

Tutto cambia per lasciare le cose come stanno.
Sembra questo il destino ineluttabile del nostro paese. Si spera che non sia così, che la fine di un ciclo e la crisi che stiamo attraversando possano rappresentare in realtà il punto di partenza per una vera rinascita.
Personalmente mi interessa poco analizzare in questa riflessione i comportamenti e le dichiarazioni dei personaggi pubblici, coinvolti direttamente o indirettamente nelle vicende politiche ed economiche.
Mi chiedo piuttosto come si sentono le persone che incontro quotidianamente per la strada, al bar, a scuola o nei luoghi di lavoro piuttosto che negli ospedali.
Non mi sembra di percepire la volontà di un cambiamento che parta dal basso.
Al massimo qualche commento o qualche battutina. Un certo ghigno di soddisfazione in chi detestava da tempo il premier e i suoi comportamenti.
Silenzio in chi forse pensa delle cose ma non osa pronunciarle in questo momento.
Non noto molti segnali che possano far pensare a qualcosa di diverso da una semplice attesa che qualcosa accada perchè deciso dall'alto.
Invece a me viene voglia di immaginare nuove iniziative, nuove attività o semplicemente maggior lena nel cercare di migliorare il mio lavoro e la mia cultura.
Perché forse è proprio questo il momento di investire. Se non crediamo tutti noi, semplici cittadini, lavoratori e professionisti, insegnanti o futuri imprenditori nella ripresa chi dovrebbe crederci veramente ?
Nella politica partecipata, nel coraggio di cacciare i parassiti che si annidano in tutte le formazioni politiche di destra e di sinistra, nuove e vecchie.
Proprio in questi momenti di svolta si preparano plotoni di cavallette pronte a saltare su nuovi carri, intenti a preparare strategie basate sulla passività dei cittadini onesti e operosi.
Qualcuno ha proposto di acquistare i BTP che causano tanta preoccupazione con i loro tassi sempre più alti.
Precipitiamoci invece ad aprire nuove attività. Ad aiutare i giovani a farlo. A partecipare attivamente al dibattito politico, a organizzare conferenze e simposi culturali, a informare, a studiare, a imparare lingue straniere.
Muoviamoci, non attendiamo che siano i mercati, le istituzioni europee o quelle economiche a liberarci dei leader in cui non crediamo più.
Perché due sono le cose: se non lo abbiamo fatto di nostra iniziativa significa che la maggioranza del paese è ancora con loro. Oppure che siamo così passivi ed opportunisti da pensare che la nostra azione e il nostro pensiero non conti, o infine che in fondo quando tutto va male, meglio pensare ai fatti nostri.
Le forze politiche che dovrebbero sostituire l'attuale maggioranza tutto sembrano tranne che unite e con le idee chiare.
Ciascun gruppo è preda forse dello stesso tarlo che paralizza l'iniziativa, la speranza e la capacità di pensare sinceramente al bene comune ?
La disillusione tipicamente italica, che ci impedisce di capire che la nostra felicità individuale e quella collettiva non sono necessariamente obiettivi inconciliabili ?

giovedì 20 ottobre 2011

Problemi indecidibili

Dimostrare che un problema non ha soluzione come la "quadratura del cerchio" può sembrare una sconfitta, ma per la matematica non lo è affatto. Averlo dimostrato significa infatti non dover più sprecare tempo ed energie per inseguire un sogno irrealizzabile.
Che dire allora dei problemi "indecidibili" ? Si tratta di problemi la cui risposta non è ne affermativa e nemmeno negativa. Il tentativo di trovare una soluzione razionale, porta a paradossi oppure all'impossibilità di trovare una risposta definitiva, di qualunque natura. In sostanza un problema indecidibile non ha risposta.
La cosa sorprendente è che non avere risposta non significa necessariamente che la domanda è stata posta in modo ambiguo o è scorretta.
Un esempio molto bello a mio parere che illustra il concetto è il seguente problemino:
E' noto che i giochi di qualsiasi specie si possono suddividere in due famiglie: i giochi FINITI, sono quelli le cui regole garantiscono che prima o poi il gioco terminerà. Ad esempio il "gioco dell'oca" ha tra le sue regole lo spostamento del contrassegno dei giocatori, in base al risultato di un dado. Poichè il dado tra i suoi risultati non ha lo zero, e suupponendo che non esistano sul percorso caselle che fanno tornare indietro, allora prima o poi il gioco terminerà nel senso che uno dei giocatori arriverà al traguardo per primo.
Al contrario il gioco degli scacchi, supponendo di non adottare alcuna regola che limiti il numero di mosse massimo che è possibile fare senza spostare pedoni o mangiare pezzi, in teoria potrebbe non far terminare mai una partita. Due giocatori particolarmente pedanti potrebbe ripetere all'infinito la stessa sequenza di mosse senza arrivare mai ad alcun risultato definitivo. Chiameremo questa categoria di giochi INFINITI.
In sostanza le regole di un gioco appartenenti a questa categoria non garantiscono con certezza che la partita finirà. Particolari scelte dei giocatori potrebbero portare ad una durata eterna della partita.
Non sembra che ci siano problemi o ambiguità per decidere in quali delle due categorie, appartiene un qualsiasi gioco. Si tratta solo di analizzare se le regole garantiscono la terminazione della partita in ogni caso oppure no.
Un giorno però due buontemponi (sembra si sia trattato di due divinità pagane provenienti dall'Olimpo) decidono di inventare il metagioco.
Le regole sono le seguenti: il primo dei due giocatori sceglie un qualiasi gioco dalla categoria dei giochi FINITI, il secondo effettua la prima mossa. Successivamente la partita continua seguendo le regole del gioco scelto.
La domanda è: Il metagioco a quale categoria appartiene, quella dei giochi FINITI o a quella dei gioco INFINITI ?
La domanda è ben posta, non ambigua come la descrizione delle premesse.
Ma una risposta non può essere razionalmente data. Ogni tentativo di rispondere in un senso o in un altro porta a delle contraddizioni.
Provate !

venerdì 14 ottobre 2011

chi nasce tondo ....

La risposta a certi quesiti fondamentali può arrivare quando meno te lo aspetti.
Esiste un termine anglosassone molto bello, poco traducibile in italiano: "serendipity"
Significa che quando cerchi qualcosa, e non trovi la risposta semplice ma profonda di questa ricerca, può capitare di trovarla mentre sei impeganto in altre cose e in altre direzioni.
Per quanto riguarda la didattica e l'apprendimento ad esempio, è sempre importante poter esprimere un concetto in modo efficace e semplice.
Da tempo stavo cercando nell'attività quotidiana di insegnamento, di trasmettere l'idea che l'apprendimento non si può ridurre a semplice trasferimento di informazioni, ma richiede per poter essere significativo, un'apertura di chi apprende verso nuovi orizzonti, nuove prospettive, modi alternativi di percepire la realtà che presupponevamo di conoscere.
Nulla è più deleterio che l'illusione di conoscere. Il grande filosofo greco Socrate insegna.
Ma sembra che molti nell'era moderna si siano dimenticati di questo insegnamento.
E invcece no.
La mia amica Giulia, che lavora come barista in un piccolo bar dove spesso ci intratteniamo per un caffè o un panino, mi ha fatto dono di questa immagine, scattata con un telefonino, di una costruzione realizzata con la plastica di una bottiglia di acqua minerale


Esprime meglio di tantissime parole il concetto che tentavo di illustrare.
Il sottotitolo è : "sfatiamo un mito"

Chi nasce tondo può diventare quadro. Aggiungerei "e deve farlo se lo ritiene giusto (e viceversa)".

Grazie Giulia, sei riuscita a quadrare il cerchio con un tappo di bottiglia.

giovedì 15 settembre 2011

Mance

Mance di questi tempi ?

Sei seduto su un tavolino di un bar, o in pizzeria dopo pranzo, cercando di rilassarti e pensare ai fatti tuoi.
Hai pranzato bene, osservi il personale correre avanti e indietro e gli altri avventori discutere fra loro sorseggiando il loro drink.
E' l momento di pagare il conto e la carta di credito è pronta, ma cerchi qualcosa nelle tasche, da offrire al cameriere.
Un piccolo biglietto di carta almeno o qualche moneta un po' pesante in funzione del totale.
E' un momento difficile questo, più che in passato permettersi di uscire a pranzo o semplicemente concedersi il lusso di rilassarsi al tavolino di un bar diventa sempre più difficile per tante persone.
Perché allora aggiungere ad un conto in genere abbastanza salato, o ad un pranzo in cui il servizio è una voce già compresa, un ulteriore obolo ?
Ho fatto una riflessione pochi giorni addietro. Oltre che garantire uno spontaneo riconoscimento a chi lavora con impegno e gentilezza, ho intuito che ci deve essere dell'altro che mi spinge in questa direzione.
Perché mai dovremmo sempre fare i conti con le organizzazioni imprenditoriali grandi o piccole che offrono prodotti e servizi e mai osservare coloro con cui siamo in contatto concretamente ?
E' un istinto che ci fa dimenticare forse che le cose non si realizzano mai da sole e nemmeno a causa delle grandi pianificazioni senza coloro che fanno sì che accadano veramente, qui e ora, onorando quel patto sociale che fa in modo ogni giorno si perpetui quello scambio che rende possibile una vita sicura e dignitosa ?
Lasciare una somma anche piccola ma dignitosa significa entrare in contatto direttamente con chi in quel momento lavora, stabilire una sorta di comunicazione umana, al di là dei contratti e dei doveri.
Certo in molti lavori ciò non è possibile, sarebbe ridicolo lasciare la mancia all'impiegato delle poste che ci spedisce il bollettino.
Forse un "grazie" può servire ugualmente allo scopo però. Ci può far riconciliare con il mondo, riportare al motivo intimo della mia riflessione.
Se dimentichiamo che dietro le organizzazioni grandi o piccole ci sono le persone, quelle che mettono le loro mani nel campo in cui lavorano, avremo sempre una visione distorta della realtà.
Penseremo di non poter mai cambiare nulla, perché i poteri forti avranno sempre il sopravvento su ogni cosa.
Invece potrebbe bastare guardarsi negli occhi, domani appena usciamo di casa, con il vicino, il portiere o il barista per capirsi.
E forse con lo stesso sguardo prendere a calci metaforici il potente di turno.
Quello che le mance le lascia esagerate perché maneggia soldi non suoi. Perché pensa di comprarsi non solo il lavoro, ma anche il tempo e la dignità delle persone.
E comprandosi i finti intellettuali ottenere quella dignità che ha perso da tanto tempo e forse non ha mai avuto, preferendo passare il tempo a distruggere quella altrui.
Dopo aver calpestato la verità, si è passati a calpestare la dignità e ora cosa manca ?
Possibile che il lattaio, il fiorista, il giornalaio, il vigile, il poliziotto, l'imbianchino e continuando all'infinito non siano ormai al punto di non ritorno e non possano incrociandosi gli occhi lasciarsi una mancia l'un l'altro ?
Chiudiamo il televisore, buttiamo nel pattume quella carta straccia che imita un giornale e guardiamoci negli occhi per favore.

domenica 11 settembre 2011

Notte insonne

Abitava in via vai e poi si lamentava del traffico.
Era un crocevia ma per chi veniva in senso opposto via Croce.
C'era il bar DOTTO che pradossalmente era frequentato da asine e
cavalli.
Il bar O dove fregavano sempre sul conto.
Quello che lavorava di meno era il bar Ca' MENO.
Il bar RITI era frequentato da africani.
Ce ne entrava solo uno alla volta, scoperchiando il tetto.
Il bar COLLO frequentato da giraffe sempre ubriache.
Infine il bar degli innamorati: da Cetto, quello dove era caduta la R ed era diventato il ba CETTO.

Il questi luoghi si svolgevano dotte disquisizioni del tipo: che costa
alla casta difendere la costa ? Sto castico risponde lo statistico.
Nell'ultimo non si parlava, ma si limonava visto che non venivano
serviti alcolici. Strani animali frequentavano quei posti: il lupolpo
e lucigno, il boatoro e il tormello risultati di strani accoppiamenti.
Entrarono due cani di razza come un razzo: due danesi. ue' nella UE ci
siam e ci restiam. E ti ?
A causa del dissesto direi che dopo Sesto a buon senso occorrerebbe un
sesto senso. Con i soldi raccolti si eviterebbe la manovra, che il
conducente uscito dal bar tra COLLO effettua portandoci verso il bar ATRO.
Che una volta era gestito da contadini, quando si chiamava ARATRO.
Uno di questi il fattore di potenza si è convertito
all'elettricita e ha venduto all'ENEL. Da allora e' diventato un posto
poco raccomandabile.
Si spera nel mastino NAPOLITANO che convinca il pastore tedesco della
sobrietà del conducente.
Il problema e' che ha la patente scaduta ma continua a guidare. Sempre
distratto dagli affaracci suoi e dalle Donzellette.
Quella che vien dalla campagna e si dirige in città per divertirsi è la ridente cittadina.
Sempre CAMPAGNOLA rimane però: 4x4 che non fa 16 come si supporrebbe, ma molto di più. Quanto non si sa con precisione.
Tra ricatti e ricotte e ricottai e autostrade affollate nel deserto le cifre si perdono nell'oceano svizzero.

martedì 23 agosto 2011

il giardino incantato

In un giardino incantato un gruppo di animali si incontra per
ritrovare l'energia creativa delle origini, con una serie di
accoppiamenti senza vincoli di specie, grandezza e temperamento.
Il risultato supera ogni preconcetto limitativo attingendo
esclusivamente alla gioia dell'incontro e del rispetto.

Il pappagatto si muove con passo felpato sfoggiando il suo manto
multicolore e il becco adunco.
Non miagola, parla.
Si nutre eslusivamente di frutta poiché nel giardino non ci sono ne
predatori ne prede. Come potrebbe essere altrimenti fra animali tutti
imparentati fra loro e desiderosi di stringere nuove amicizie ?
Non esistono nemmeno distinzioni fra animali notturni o diurni, visto
che ognuno cerca nell'altro qualcosa con cui completarsi, qualcosa di
nuovo da apprendere e sperimentare.
Come la farfalena ad esempio svolazzante sotto i caldi raggi di sole e
incantata esploratrice delle notti di luna piena.
Come e possibile mantenere questo delicato equilibrio di curiosità fra
specie non più competitive ? Esplorare, significa accogliere il nuovo
fra le braccia della propria identità ritrovata.
Così i nostri animali procedono ad incontrarsi senza avere invitato la
specie umana alla festa, perché in questo giardino non si può entrare
come semplici spettatori ma solo dopo essersi liberati della paura di
sbagliare.
Così impauriti dalla paura di conoscerci non abbiamo altra scelta che
accettare le regole di ingaggio e avvicinarci per la prima volta agli
animali per farci addomesticare.
Nel giardino il sogno e' la realtà e la realtà il sogno. E' così che
nasce la vita, un 'esplosione di creatività a partire dall'unione
degli opposti.
Il Coccogrillo aveva trasmesso uno straordinario amore per le coccole
a quel rettilone che piangeva sempre dopo pranzo.
La prima lezione degli animali: comunicare con il linguaggio del
corpo, liberarsi dalla paura di sbagliare e' semplice dopo la prima
lezione: sii te stesso, non nascondere il desiderio di affetto,
sculetta come fa la Chiuaua Smilla mentre si avvicina alla Boxerina
Kiss. Non c'è nulla di cui vergognarsi nel mostrare ciò che di più
intimo possediamo, un anima nobile che si ricarica ad ogni abbraccio.

venerdì 22 luglio 2011

Motocicletta Rossa

Oggi era una giornata di sole ma non eccessivamente calda, quasi primaverile oserei dire.
Il tempo ideale per utilizzare la motocicletta, dopo una giornata particolarmente dura dal punto di vista emotivo, portati a termine gli impegni prioritari.
L'ultimo della giornata era costituito da un bel taglio di capelli, per affrontare l'estate con più leggerezza.
Quale miglior luogo una poltrona per rilassarsi un po' mentre forbici esperte sferruzzano sulla tua testa.
Mani sicure e allo stesso tempo delicate, come quelle di una donna. Perché è da diverso tempo che il mio 'barbiere' di fiducia non è più Nino, andato in pensione, ma Alessandra, titolare di un negozio carino "Tres Jolie" che attirò la prima volta la mia attenzione con la scritta in vetrina: "unisex".
Uno dei vantaggi di farsi tagliare i capelli da una donna, è che si evitano i tipici discorsi da barbiere. Quelli che non ho mai saputo fare visto che non sono tifoso di calcio, e della politica non amo le semplificazioni.
Oggi più che un colloquio è stato un monologo, ma evidentemente deve essere importante anche saper ascoltare e non solo interloquire, se chi lo pratica, non viene assalito primo o poi dal dubbio di stare rompendo i "maroni".
In ogni caso le parole scorrevano, e il senso del discorso era la riflessione sullo stile di vita assurdo che nella società moderna ci autocostringiamo a vivere, fra gli stress del lavoro, del divertimento più o meno forzato, ma soprattutto sulla mancanza di stimoli intelligenti e naturali, di cui avremmo tanto bisogno.
La mente si rilassa e i ricordi di tante letture riaffiorano.
"Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" è uno di questi. Robert Piersig mi sembra si chiami l'autore.
Un testo che sicuramente ha avuto molta influenza sul mio modo di vedere il mondo.
La motocicletta rossa fiammante parcheggiata fuori dal negozio è lì a rappresentarlo. Nonostante l'età del modello 1991, un mezzo che sembra appena uscito dal negozio.
Alcuni oggetti assumono dei valori simbolici, testimonianze dell'influenza del pensiero puro sulla vita concreta.
In realtà merito dello scarso utilizzo più che di cura maniacale da parte mia. Ma non è questo l'aspetto importante, se consideriamo l'oggetto che sto descrivendo come una metafora, e apparentemente questo ero lo scopo profondo del libro, in verità il mezzo è in grado di mettersi in moto realmente, portarmi ad assaggiare dolcemente il vento, assaporare il tepore simil primaverile di questa bella giornata di luglio.
Ciò che accade però assume un significato per me legato ad un pensiero molto più potente del vento o della pioggia sferzante o del profumo dell'erba, quando si passa vicino ad un prato.
Come è possibile cambiare se stessi e il mondo che ci circonda, se non troviamo il momento per riflettere su noi stessi, sugli altri o semplicemente su ciò che possiamo toccare, non soltanto con le dita delle nostre mani.
Il testo affronta ad un certo punto una riflessione, un 'esperimento mentale' degno del miglior scienziato-filosofo. Cosa sarebbe accaduto nella nostra storia e nell'evoluzione della nostra civiltà, se dalla culla dei Greci antichi, fosse prevalsa una filosofia diversa da quella Aristotelica, cosa sarebbe della nostra civiltà moderna e occidentale se le influenze di Platone avessero avuto maggiore impatto sugli eventi.
Un mondo magari meno tecnologico, ma maggiormente rispettoso dell'ambiente della natura e della vita.
La motocicletta simboleggia il mezzo tecnologico, che non ti evita di bagnarti quando piove. Che non ti protegge dal vento, anzi gli va incontro.
La motocicletta non è un compromesso, non è propriamente un mezzo ecologico, non compete con la bicicletta. E' la dimostrazione di voler assumere gli impegni che questa scelta comporta, nel volere utilizzare lo strumento per ciò per cui è stato progettato e costruito. Una scelta di vita, consapevole dei propri desideri e dei propri limiti. Forse ciò che manca oggi.
Mentre assaporo dolcemente il vento, rivedo nella memoria i bolidi da corsa sfrecciare a duecento all'ora. Cavalcati da centauri bardati come moderni palombari pronti per la competizione.
Cilindrate e pesi assurdi, da sfoggiare davanti agli amici.
Nulla rimane dell'immagine idilliaca che mi ero fatto durante la lettura di quel capolavoro, terminato mentre seduto sulla cima di un duna, nel deserto della Tunisia (no, non era un FIAT) mi domandavo se mai avrei imparato a guidare un motocicletta.
Pochi mesi dopo, quell'oggetto supertecnologico, diventava parte della mia vita. Soprattutto della mia mente più che del mio sedere.
Ancora ne fa parte, ridimensionato nella mia percezione e nei miei timori, rispettato e non più temuto come uno strumento che ti proietta fra gli uomini. Quelli magari meno pazienti, o semplicemente desiderosi di adrenalina, coloro che prediligono l'asfalto e i lunghi rettilinei alle visioni bucoliche dei prati.
Alle brezze primaverili. Ai sogni.
I sogni non sono 'bisogni'. Non avrei alcun bisogno di gran parte delle cose che mi appartengono. Della maggior parte di loro potrei tranquillamente liberarmene.
Ma non ci si può liberare dei sogni e dei desideri. Ne gli uni ne gli altri si acquistano con il denaro o si possono rivendere.
Gli uni servono ad alimentare gli altri. Perdere la capacità di immaginare, di sognare significa perdere il desiderio e con esso l'essenza della vita.
L'essenza della vita è un idea. E' lei che ti porta in giro.

mercoledì 20 luglio 2011

Omaggio ad Alessandro Bergonzoni

Maestro, nel senso di ammaestratore di parole e pensieri. Le prime inseguono i secondi mentre i secondi inseguono le prime e non sempre si incontrano subito. Ma quando lo fanno è festa !
Allessadro Bergonzoni è un agitatore di molle, quelle della nostra fantasia, perché quando parla ci invita a seguirlo, ad andare con lui e non solo dietro di lui, anche davanti se capita.
Questo è il bello della sua arte, partecipa lui stesso alla nostra fantasia ne è semplicemente l'anticipatore.
Allora viene davvero voglia di imitarlo di diventare anche solo per un istante un Bergonzino, capace di volare "altro", come direbbe lui. Nel sentimento altrui si annida l'intelligenza per chi la sa cogliere ossia sa pensare all'altro e alto.
Mi (dis)piace (po || non )molto che non faccia televisione anche perché io non la guardo e come disse il grande Groucho Marx: "il mezzo televisivo è altamente istruttivo, quando qualcuno l'accende io cambio stanza e mi metto a leggere un libro".
Il libro in fondo all'infuori del cane si sa è il miglior amico dell'uomo. Anche perché dentro al cane è troppo buio per leggere.
Non occorrono grandi spiegazioni per capire il pensiero filo e sofico del Maestro, chi non lo comprende può provare ad accendere la tv e farsi un sonno intellettuale.
Tempi difficili questi difficilissimi, non si può fare nemmeno un sonnellino in pace senza fare brutti sogni.
Quando vi sveglierete vi sembrerà di avere ascoltato notizie, o di avere osservato persone. Pensieri neanche per sogno, nemmeno con dosi massicce di Minzolinate.
Ma la realtà è un'altra come il Maestro ci insegna, realtà senza fantasia è un'invenzione, un non sense, un filo interrotto, e non un filo intermentale, come dovrebbe essere. Cogito interruptus: pensavo ma ora non penso più: quindi sono un nessuno come tutti gli altri, piuttosto che un io tu pieno di me e di tè. Ecco siamo come caffettiere e teiere ambulanti.
Vado a farmi un gingseng

sabato 2 luglio 2011

Colloquio orale esami 2011

Ecco un estratto dei colloqui orali. Purtroppo molte delle risposte non sono inventate. Ho tentato di cammuffarle con cazzeggi vari, ma temo che si possano riconoscere. Adatto ad un pubblico culturalmente poco impressionabile.

Iniziamo con Economia Aziendale: le imposte:
- mmmm meglio chiuderle altrimenti entrano gli spifferi.
Matematica:
Quanto fa due alla terza ?
- e che ne so, sei ? ho sempre odiato le potenze, sono antimilitarista fin nel midolllo.
Equazione della retta:
- il candidaato disegna il grafico indicando una linea curva.
Le sembra una retta questa ?
- Insomma lo spazio è curvo, lo ha detto Einstein e io quando bevo un po' mica tiro diritto.
Va bene passiamo a diritto, visto che siamo multidisciplinari.
- Il presidente del consiglio, indice le riunioni in gabinetto (gabinet in inglese). Deve avere seri problemi e si circonda di infermiere sexy.
Inglese cosa significa "The Queen reigns but doesn't rules" ?
- Che il vecchio gruppo dei Queen non va più, anche perché nel frattempo il loro leader è morto. Aveva un a gran bella voce però. Alfredo Mercurio.
Sa non sono tanto buono con la pronuncia. Però con l'intagliano me la cavo super bene, è prof ?
(il prof.) Nel tema non hai usato vocaboli molto appropriati, non sei venuto con il dizionario ?
candidato: Sono venuto a piedi, perché mia mamma mi ha tagliato i viveri e non ho più soldi per la benzina.
Matematica: ci riproviamo mi dia una definizione di Ricerca Operativa:
- si cercano dei problemi (per questo si chiama ricerca) che si risolvono con qualche formula. (quando capita)
Compito di Informatica: nel progetto ha messo in relazione un appartamento con tanti proprietari e viceversa un proprietario un solo appartamento. E cara grazia che ha quello, con l'aria che tira. E poi sono un proletario comunista, l'ultimo rimasto.
Nel decidere i campi della tabella prenotazioni ho messo li il prezzo del soggiorno e non nella tabella degli appartamenti perché lo decide l'utente, come negli espropri proletari. Non metto la data della prenotazione ne la durata, perché ognuno deve essere libero di andarci quando vuole e se lo trova già occupato peggio per lui. Con quello che lo ha pagato in autogestione che altro voleva, la reggia di Versailles ?
Occorreva prevedere il campo della caparra ? Ma è matto ? se decido io il prezzo metto un centesimo che caparra vuole versare ?
Basta, parliamo del web 2.0 non ha scritto nulla nel compito, è andato a leggersi qualche cosa a riguardo ? Si, si ho chiesto ai miei amici: mi hanno detto che è una cosa che si usa Facebooko e si twitta cosi insomma si cazzeggia di più.

Valutazione: la commissione adotta una griglia di valutazione adatta. Come ha detto lo stesso candidato bisogna 'adagiarsi' alla situazione.

gravemente insufficiente: 'il candidato picchia violentemente uno o più membri della commissione, sputa sui verbali al posto di firmare e orina nel cestino.
insufficiente: il candidato si limita ad emettere improperi rivolti alla commissione e se ne va portandosi via il video proiettore.
sufficiente: il candidato fissa silente i commissari, emette qualche grugnito in segno di approvazione, addirittura risponde dicendo che quell'argomento non è stato svolto dall'insegnante.
discreto: il candidato nell'esporre la tesina, riesce a leggerla mentre la proietta anche se ha scelto un font blu su sfondo prevalentemente blu. Non vuole essere interrotto, appellandosi al quinto emendamento della corte suprema degli Stati Uniti, e così ha fatto anche diritto e inglese in un colpo solo.
buono: il candidato si presenta con un sacchetto in cui sembrano esserci copie della tesina e le distribuisce ai commissari. In realtà tra le pagine ha inserito immagini pornografiche. Sbraita frasi incomprensibili che spaccia per inglese mentre i commissari sono distratti nella lettura.
eccellente: Il candidato presenta una tesina dal titolo 'la mafia in italia'. Nella prima diapositiva scrive di essere il nipote di Totò Riina e che Gladio era un'associazione mafiosa. Che abbia ragione lui ?

p.s. ultimo aggiornamento: sembra che la catena di montaggio sia stata inventata da Harrison Ford e che le multinazionali siano piccole e medie imprese.
E le sette sorelle allora ? Sono parenti dei sette nani ?

mercoledì 22 giugno 2011

Tema di Italiano riguardante la rete

TIPOLOGIA D:

"Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti"
Il candidato, prendendo spunto da questa 'previsione' di Andy Warhol, analizzi il valore assegnato alla "fama" (effimera o meno) nella società odierna e rifletta sul concetto di "fama" proposto dall'industria televisiva (Reality e Talent show) o diffuso dai social media (Twitter, Facebook, Youtube, Weblog, ecc).

L'evoluzione della comuncazione televisiva, avvenuta negli ultimi anni, ci ha abituato ad un utilizzo sempre più sfrenato di un modello di 'fama', basata sull'apparire piuttosto che sull'essere'.
Certi spettacoli come i 'reality' show, sebbene introducano come novità, l'apparizione nello scenario televisivo di personaggi della vita comune, magari insieme o in contrapposizione ad attori e star, ne ricalca però fedelmente il modello sociologico.
Si diventa famosi perchè si 'appare', su un mezzo che è basato principalmente sul concetto di 'spettacolo', come preconizzato dal filosofo Pierre Levy in un suo famoso testo dal titolo: intelligenza collettiva.
Il media televisivo utilizza una tipologia di comunicazione di tipo 'broadcasting' ossia da 'uno' il canale meditico a 'molti' i telespettatori.
Il livello di 'audience' alimenta gli introiti pubblicitari, per le aziende che finanziano questa ricca attività infatti gli spettatori non sono altro che potenziali consumatori.
Sotto un'apparente 'democraticità' di questi show, si cela quindi una strategia di marketing che persegue lo scopo di inseguire i gusti del massa del pubblico, per adattare i programmi alle richieste di curiosità e di 'immedesimazione' dei telespettatori.
La fama quindi interviene come effimera ricerca di visibilità, in cui gli spettatori possono identificarsi, seguendo le apparizioni di personaggi noti e meno noti.
Pier Levy aveva chiamato questa evoluzione, società dello 'spettacolo'. Dove anche il canale informativo deve adattare le modalità di presentazione delle informazioni alle esigenze dello spettacolo. Si veda ad esempio la conduzione di programmi di informazione riguardante i grandi fatti di cronaca, in particolare quelli di cronaca nera. Spesso è la realtà stessa ad essere piegata a queste esigenze, non sono rari i casi imbarazzanti di notizie di carattere giudiziario che arrivano ai leggittimi destinatari attraverso il canale televisivo prima di quello giuridicamente ufficiale.
A questa modalità si contrappongono i nuovi mezzi di comunicazione almeno a livello potenziale.
Pierre Levy ha denominato con il termine 'intelligenza collettiva' la possibilità di utilizzo dei mezzi di comunicazione basati su Internet, allo scopo di contribuire in modo attivo attraverso al rete all'informazione e allo sviluppo della conoscenza.
Si tratta quindi di un mezzo di tipo 'molti' a 'molti'. Mediante siti web, blog, social network come Facebook o twitter e molti altri meno noti, si può contribuire sostanzialmente alla produzione di informazione oltre che alla sua fruizione.
Non mancano di certo i problemi, per esempio quello dall' affidabilità e correttezza dell'informazione, ma si psera che sia il mezzo stessa ad autoregolarsi per eliminare il superfluo .
Il concetto di 'fama' in questo contesto è assai differente che nel precedente. Alcuni blog (sorta di diari digitali gestiti spesso da semplici free lancer o persone comuni) hanno avuto una tale diffusione da avere centinaia se non migliaia di vistatori giornalieri.
Il blog di Beppe Grillo e le video interviste del giornalista Marco Travaglio hanno assunto una visibilità inferiore soltatno alla RAi e ai suoi telegiornali, impiegando risorse economiche per la sua gestione infinitamente inferiori.
Almeno in linea teorica quindi il 'successo' di un'iniziativa che utilizzi internet come veicolo di comunicazione, significa emergere attraverso contenuti o innnovazione nel presentarla, rispetto all'immensità di materiale pubblicato ogni giorno sulla rete, che proprio perchè più economica rispetto a media tradizionali, soffre del problema opposto a quello della mancanza di informazione. Non si tratta più di avere difficoltà ad accedere al mezzo, chiunque lo può fare fino a che questa rimmarrà libero, ma di poter distinguire l'informazione che interessa in mezzo ad una molteplicità infinita di materiale e del poterne giudicare validità e correttezza.
Chi diventa 'famoso' in questo contesto, dovrà impiegare non solo grandi energie per garantire la qualità e veridicità dei contenuti pubblicati, ma dovrà esssere 'geneticamente' disposto ad una revisione continua, da parte di chi questa visibilità la può garantire attraverso la 'visita' ai siti web in cui è pubblicata.
Infatti al contrario del media televisivo, su internet è l'utente che va a cercare l'informazione e non viceversa, ossia l'informazione che si presenta ad un utente pigro, il cui unico strumento è il telecomando.
Rimane un ultima considerazione: quando nei media tradizionali si parla di Internet e del suo ruolo su vicende politiche e sociali anche recenti e importanti si può correre il rischio di utilizzare modelli concettuali fuorvianti.
Pensare ad esempio che chi utilizza il mezzo, ossia lo 'popola' sia un insieme omogeneo di persone, per età anagrafica, ceto sociale e inclinazioni politiche ad esempio.
Nulla di più falso e fuorviante, anche quando il mezzo, su questioni specifiche può aver giocato un ruolo importante in alcune vicende, come ad esempio i recenti referendum abrogativi, o sulle rivolte del nord africa.
Non esiste quindi un 'popolo' della rete, o può esistere nello stesso modo in cui esiste un 'popolo' degli utenti telefonici.
Sta di fatto però che ogni mezzo impone il proprio modello e apre delle possibilità nuove.
Per molte realtà queste possibilità sono decisamente più importanti che i possibili pericoli ad esse connesse.
Se tra queste possibilità c'e' anche quella di trasformare il concetto di 'fama', dall'apparire in quella dell'essere, ben vengano i cambiamenti promessi da questa evoluzione.

Tema: svolgimento semiserio

Dalla fama, si passerà presto alla fame.
I recenti spettacoli televisi, come il reality l'isola dei famosi, ci stanno già abituando a ciò che ci aspetta.
Gli spettatori purtroppo non fanno molta fatica ad immedesimarsi, arrivare a fine mese con qualche soldo per procurarsi il cibo diventa sempre più difficile.
Il problema è che i 'naufraghi' potevano sempre sperare in qualche pesce, o noce di cocco. Ma a Milano o Monza dove andremo mai a pescare: nel Lambro e nel Naviglio ?
Potremo sperare solo nell'X-factor e quindi mettiamoci a cantare che ci passa.
Per chi ha la fortuna di potersi pagare l'energia elettrica, c'e' internet, che per molti è identificato ormai in Facebook.
C'e' chi afferma che i soli in grado di permettersi un collegamento pomeridiano, siano soltanto ormai gli sfaccendati. Tutti gli altri sono ridotti infatti sul lastrico.
Costoro passerebbero tutto il giorno a trastullarsi e a votare Pisapia tra una chat e una sessione a 'cityville' il gioco che ci fa sognare di diventare sindaco.
Per quei pochissimi invece che lavorano e usano Facebook, i minuti sono contati, le aziende utilizzano lo stesso mezzo ma per spiare cosa fanno e dicono i dipendenti e avere sistemi più rapidi per sbarazzarsene.
E' un modo di incentivare l'economia secondo le strategie politiche attuali: tagliare i costi.
Quindi in definitiva il concetto di "fame" sui media tradizionali tende a convergere con quello ottenuto attraverso i social network.
Il problema è che ci occorrono consumatori, per portare a compimento il grande progetto di riforme.
Saremo famosi, soltanto per 15 minuti, il tempo necessario a saltare il fosso prima del voto di fiducia in parlamento, è una famosa frase di Andy Luotto. Quello che aveva capito tutto molti anni fa in una famosa trasmissione televisiva rispondeva soltanto con le frasi: "buono", "no buono".
In effetti passat i 15 miuti molti non si ricordano nemmeno come si chiamano e allora pestano i piedi perchè qualcuno se ne ricordi.
Ma con tutti gli impegni e gli impedimenti istituzionali e relazionali, uno può mica ricordarsi tutto.
Tornando alle riforme, necessarie al rilancio dell'economia sia fra strada sempre di più la necessità di mettere mano alla famosa legge 'porcellum' dell'onorevole Calderoli.
Ma in realtà come il suo stesso ideatore ha confessato, la forte componente di immigrati di origine musulmana oramai impedisce una sua modifica, essendo come noto vietato dalla loro religione il consumo di carne di maiale.
Non ci resta quindi che 'bere' per dimenticare, ma anche qui l'unica cosa ancora a buon mercato che rimane da bere è l'acqua. Non perchè hanno vinto i si al referendum, ma perchè siamo un paese che fa acqua da tutte le parti e quindi la risorsa non ci manca.
Come la fantasia, ma non si sa se ancora per molto. Quella che ci faceva credere che la crisi economica non esisteva, che era un'invenzione del popolo dell'Internet, visto che il tg di Minzolini non ne parlava.
Ridateci i programmi di storia, RAI diseducational, e passiamo con la fantasia indietro nel tempo ai tempi d'oro delle conquiste.
Come quando arrivando in Grecia, ci sentivamo dire: "Italiani, greci, stessa faza stessa razza". Mai profezia fu più lungimirante.
Come facevano a sapere che decenni dopo ci saremmo trovati in coda, per gli aiuti internazionali.
Per concludere questa breve disamina sul concetto di fame nell'era moderna. Si tratta ormai di un fenomeno virtuale, sui nuovi tablet di ultima generazione un panino può apaprire talemnte verosimile da farci passare la fame.
Per la fama, possiamo aspettare, bastano 15 minuti in tutto, una sveltina, una quisquilia come direbbe Totò, una soluzione c'e'.
Smettiamola di comunicare tra noi con twitter, e isoliamoci un po'. Smettiamo di rompere le palle con i blog, da plurali diventiamo singolari.
Ed ecco che la fame diventa fama e il problema è risolto.

martedì 14 giugno 2011

Fine della scuola ?

Possibili risposte:

si, perchè ho terminato l'ultimo scrutinio. Davvero ? Ma a qualcuno importa davvero cosa si è imparato, o soltanto se si è terminato l'anno e con quale risultato ?
si, ma ho messo un post-it sul frigorifero, così appena esco la ricompero. (cit)
si, perchè non ha più senso in un mondo dove la competenza è materia essenziale e si guadagna lottando sul campo o al massimo con delle certificazioni.
si, perchè molti colleghi precari o perdenti il posto dovranno cambiare scuola, e senza di loro la scuola sarà diversa.
si, perchè molti studenti sono convinti di non imparare niente nelle aule dipinte di grigio, ma solo imparare a sopravvivere alla noia.
si, perchè molti studenti annoiati, riempiono di noia tutta l'aula e impediscono il dialogo con coloro che non si annoiano.
E durante le riunioni i docenti burocrati perpetuano la noia, parlando solo di quest'ultimi.

Proponimento per il prossimo anno: voglio darmi da fare per scovare i talenti e farli sopravvivere a questo clima rovinoso.

sabato 4 giugno 2011

in classe parlando di tecnologia

Per l'ennesima volta tento di stimoalre un momento di riflessione in classe su qualunque cosa possa assomigliare ad un ragionamento.
Con molta fatica vinco l'indifferenza che si espande per tutta l'aula e una studentessa, si sbottona e afferma, alla mia domanda su come abbiano vissuto l'anno scolastico che sta per finire.
- "Troppe cose e per lo più inutili"
- "Per esempio" aggiungo io che nel frattempo cerco di stimolarli a parlare senza intervenire direttamente:
Riposta della studentessa:
-"Ad esempio a cosa mi serve conoscere il 'modus ponens', vivo lo stesso anche senza'.
- "Pensi che le cose che vale la pena conoscere siano solo quelle con una immediata utilità pratica ?"
Risposta senza esitazione: 'Si'.
Ecco è tutto qui, come potrebbe una generazione così concepire la tecnologia in modo diverso da 'cosa ci faccio ?' invece che 'quale sfida posso affrontare ed essere una persona migliore ?'
Pochi minuti prima eravamo in laboratorio e senza ritegno aspettando il disbrigo delle consuete operazioni burocratiche si erano messi a giocare in rete ad un gioco 'spara spara'.
Terminate le mie incombenze cerco con un tentativo di complicità di chiedere come avessero fatto ad installare il gioco e su dove girasse.
Poi gli dico che gli concedo ancora qualche minuto per sbaragliare gli avversari.
Quando chiedo di spegnere nessuno mi degna di uno sguardo.
Qualche minuto dopo spengo gli interruttori generali, e li invito a spostarsi in classe, dove per alcuni minuti ci osserviamo negli occhi in silenzio.
Si aspettano qualche sgridata o predicozzo che non arriva.
Invece viene la domanda con cui ho iniziato questo post e la risposta che vi ho detto.
Amen

martedì 24 maggio 2011

Forse

In fondo voglio bene ai miei studenti.
Perché apprendere è capire, e capire è conoscere, conoscere è amare.
Un carissimo amico mi ha insegnato che conoscere è stupirsi.
Forse quando riesci a far tesoro delle parole dei tui amici e improvvisamente ti ritrovi davanti a loro anticipandoli, allora hai saputo davvero sdebitarti.
La faccio non sapendo più dove sono i maestri e dove sono gli allievi.
Erano diversi giorni che non sentivo più l'ispirazione per scrivere.
Mi è bastato ascoltare con l'orecchio di chi ama, per ritrovare la via.
Cosa c'e' di più stupefacente della possiubilità di "sentire" chi ti sta vicibno.
Al diavolo l'informatica ! (per il momento)

Purtroppo comprendere è anche ritrovare se stessi.
Ognuno di noi ha un progetto forse, uno scopo. Qualcosa da portare a termine. Dobbiamo solo capire cosa e darci da fare.
Possiamo terminare il nostro compito oppure dimostrarci inetti. Sta a noi. La fine è la stessa.
Potremo trovare degli alleati sul nostro cammino, qualcuno che ci ricorda chi non c'e' più e ci ha messo al nostro posto. Qualcuno che non sembra essere qui per caso.
Che sembra conoscerci, molto meglio di quanto noi conosciamo noi stessi,
Tutto un tratto le cose assumono una grande rilevanza, magari solo per un istante,

La verità si rivela in tutta la sua forza e semplicità.

venerdì 13 maggio 2011

La manomissione delle parole

La recente lettura del libro : La "manomissione delle parole" di Gianrico Carofiglio ha risvegliato in me antiche riflessioni e pensieri.
La 'scoperta' dell'importanza del corretto uso del linguaggio nei miei ricordi è sopraggiunta quando frequentavo le scuole medie.
Quel giorno un dovere sentito in modo pressante si è trasforamto in un piacere da perseguire per sempre. Rilfettere sulle parole, cercare di utilizzarle sempre al meglio, immergersi nel linguaggio in ogni occasione, non soltanto in quelle ufficiali e sociali.
La padronanza del linguaggio ci fà sentire meno soli.
Non si tratta di esibire raffinatezza o eleganza nello scrivere, allo scopo magari di stupire il lettore o ammaliarlo. Si tratta di una ricerca di senso all'interno si se stessi, che solo la padronanza della prorpia lingua madre ci può consentire.
E' come se le parole plasmassero il pensiero, e ciò è abbastanza naturale, ma la conseguenza è ben più sorprendente di quello che sembra.
Il nostro personalissimo modo di vedere il mondo, di percepire le cose, ma anche gli esseri viventi che ci circondano, il modo di ammirare e di amare, sono legati strettamente alle parole che usiamo per descriverli.
E se ciò che osserviamo è il mondo, lo è insieme ai nostri sogni e desideri, alla volontà che ci spinge ogni istante a vivere, allora la domanda che spesso mi ponevo, se possiamo solamente con il pensiero modificare la realtà diventa senza senso.
Lo facciamo continuamente in un verso o in un altro. Quando ci esprimiamo, condividendo e opponendoci, occupando spazio e trasemttendo fiducia, E quando riceviamo inaspettatamente o costantemente energia e forza da chi ci sta vicino.
Se sono le parole che possono modificare la nostra percezione delle cose, sono loro che possono trasformare i dolori in sfide, la fatica in impegno, la sofferenza in virtù.

martedì 26 aprile 2011

GTD e la gestione del tempo

Una tecnologia non é mai esclusivamente legata a delle macchine. Spesso é costituita soprattutto da una metodologia per affrontare determinate esigenze o problemi.
In questo caso l'ausilio di strumenti come ad esempio computer e software anche se utile, passa in secondo piano rispetto alla metodologia stessa e al modo di applicarla in contesti reali.
Un ottimo esempio che illustra questo concetto é costituita da metodo G.T.D. Acronimo di Get Things Done un sistema ideato da David Allen uno specialista aziendale di "gestione del tempo".
I Piu grossi clienti della sua società di consulenza, sono costituiti da manager, ma non mancano cittadini comuni e
persino un parroco era fra i partecipa dei tanti seminari e corsi che tiene in giro per il mondo.

La sua metodologia ha avuto infatti un successo a livello mondiale e i suoi libri tradotti in svariate lingue. Oltre al libro originale, 'ultimo libro é stato tradotto in italiano con il il titolo "Fatto e bene!".


Non c'e software per gestire appuntamenti o liste di cose da fare che non si ispiri in qualche modo alla sua "filosofia"
Uno dei principi su cui si basa é la costatazione che ogni impegno,attività, scadenza o semplicemente idea che assumiamo nella vita quotidiana, se non viene immediatamente registrata su un supporto fisico esterno alla nostra mente, causa ciò che l'autore definisce "open loop" ossia carico e preoccupazione spesso inconsapevole fonte di grande stress.

In particolar modo quando questi carichi si accumulano durante la giornata causando grande dispendio di energie fisiche e mentali. Che verranno sottratte alla creatività e alla fantasia.
Grande merito di quest'approccio e' infatti il tentativo di conciliare armoniosamente ordine ed efficienza ossia ciò che chiama controllo con la "prospettiva" ossia la capacita creativa di uscire fuori dagli schemi consolidati per trovare soluzioni innovative ai problemi e alla propria vita.

Giulio Falco http://www.angolodelprof.org

giovedì 14 aprile 2011

Deliri

Il resto
Il resto del Carlino
Il Carlino é un bel cane
Il cane della pistola fumante
Fumare fa male
Il Male era un giornale satirico
Anche il resto del Carlino é un giornale
Carlino
Resto. 
Carta, ancora, resto. Ho fatto 19 io 21 Black Jack.
Asino Nero
Asino chi legge
La legge non é uguale per tutti evidentemente
Perché c'è chi legge e chi non legge, c'è chi può e chi non può.
Io può. Possi potetti tetti e tette
Te possino
Insomma da dove eravamo partiti ? Dalla partita ? Dal resto. Che ci resta ?
Non ci resta che ridere
Perché piangere e già stato usato nel film di Troisi.
Il resto di che ? Della vita e della vite e dell'acqua vite
Facciamocela bastare per favore.

lunedì 4 aprile 2011

specializzazione o cultura?

Sembra di vivere in una societá sempre piú specializzata, ma é proprio vero?
A scuola, nel rapporto quotidiano con i protagonisti di domani sembra di vivete una battaglia persa.
Persone sempre piú svogliate, prive di obiettivi e motivazioni, passive nei confronti di ció che gli si va proponendo o nel migliore dei casi, guidati da uno spirito utilitaristico.
Nel preparare la prossima lezione, mi chiedo peró se davvero la nostra societá si sta avviando verso una specializzazione sempre piú spinta.
Ragioniamo un attimo: nella societá dei nostri padri e dei nostri nonni un giovane si preparava alla vita lavorativa con un percorso scolastico ben preciso, seguito da un apprendistato.
Si preparava per tipo di studi, per estrazione sociale, o per aver appreso un'arte o un mestiere ad una vita relativamente stabile una volta introdotto nella realtá lavorativa.
Gli bastava conoscere bene il proprio mestiere per poter contare su un futuro abbasta prevedibile.
Se non é specializzazione questa! !
Anche se il livello di conoscenze e di possibilitá é aumentato considerevolmente ai giorni nostri,le necessitá del sistema formativo e del mondo produttivo segue delle logiche compketamente opposte alla iper specializzaziobe. Continua.

domenica 6 marzo 2011

Investire in cultura

Formazione continua e ricerca.
Investire nella cultura a livello soprattutto personale. Perché ?
Quando tutto attorno a noi sembra andare a puttane, nel vero senso della parola. Ma permane la convinzione che tutto sará sempre come é sempre stato. Tutto cambia per non cambiare nulla.
Il vero cambiamento in effetti si vede nelle piccole cose e non negli annunci delle prossime rivoluzioni.
Investire in cultura oggi é piú importante che mai.
Perché ? Per guadagnare di piú o semplicemente per sopravvivere ?
La risposta dovrebbe essere un'altra, ma pochi forse se ne rendono conto.
Per vivere felici.
In questa semplice frase c'e molto di piu' di cio' che sembra.
Vivere innanzitutto, e non e' poco.
Si possono prendere scorciatoie in ogni campo, agire d'astuzia, contare sulle conoscenze di qualcuno, non serve cultura per questo, solo perseveranza e fortuna. Si può vivere di immagine o ricoprire ruoli che non sono i propri. Si può anche guadagnare molto denaro senza investire in cultura, tutto ciò è sotto gli occhi di tutti.
Ma difficilmente si potrà ottenere la felicita conseguenza dalla propria crescita personale, che solo l'investimento culturale può stimolare.
Quando il giocattolo nuovo ha terminato la sua attrattiva, le luci del palcoscenico si sono spente e magari i vecchi amici dileguati si rimane soli. A guardarsi dentro per non scorgere nulla.
Noi siamo molto di più dei libri che abbiamo letto. Siamo e saremo ció che avremo assimilato con paziente dedizione e grande entusiasmo, tutte le volte che non ci siamo domandati perché valeva la pena investire tutto quel tempo. Perché valga la pena porsi domande, stupirsi o semplicemente esprimersi. Non lasciare che la noia e la passività si impossessino della nostra vita, con tanti o pochi soldi che potremo avere in tasca.

mercoledì 2 marzo 2011

20-E-Venti

venti Venti.
Ma che ti in venti ?
per primo Primo, incontrò otto Otto. Sei il sei o quello dopo gli chiese ?
Inseguiva  la gloria Gloria, e Selen se l'en tratteneva con il pacifico Pacifico.
In rosa, Rosa sembrava la bianca Bianca ma per esser franco, Franco Nero nero sembrava.
Degli e venti che stiamo raccontando solo gli avventisti si occupano.
Rimase libero Libero.
Che portando a spasso il Carlino aspettava il resto. Si dovette accontentare del giornale Giornale.
Che quando parla, mente, come in parlamento. Se nato li in senato finì Fini. Nella camera camera-ti tradirono,
barbari barbares -chi negò la sfiducia. Al massimo Massimo Fini fini anche lui per scrivere un pezzo di pezzo di Repubblica per la repubblica.
Se è per ottenere la vittoria Vittoria potrebbe anche candidarsi e raggiungere la Gloria che con gloria si faceva avanti nell'Avanti.

Qualunquemente vostro. 

mercoledì 23 febbraio 2011

Loschi figuri

Guardiamoci allo specchio.
Forse le ultime vicende che coinvolgono la presidenza del consiglio hanno infastidito molte persone. Magari fra coloro che in passato lo hanno sostenuto o votato o forse no.
Ma prima di esprimere un'opinione diretta mi piacerebbe osservarmi allo specchio. Anche se appartengo a quelli che non lo ha mai votato.
Quanto assomiglio ai miei connazionali, con i loro limiti e i loro vizi ?
Se una mattina tutti noi italiani, ci svegliassimo e ci guardassimo allo specchio forse potrebbe accadere il miracolo.
Il Cavaliere tornerebbe a fare il suo mestiere ma con lui molti mestiranti che un mestiere non ce l'hanno.
Potrebbe tornare a essere un uomo come tutti gli altri, con le sue velleità confinate nei giardini di casa sua.
E chi non ha un mestiere trovare l'occasione di procurarsene uno, piuttosto che ammorbarci con lezioni sul vivere civile di cui non abbiamo bisogno.
Non mi fanno paura i loschi figuri che vedo in parlamento. Il fatto che siano lo specchio di ciò che sta fuori.

martedì 22 febbraio 2011

Testardaggine
Un testo fuori  di testa testò il testo della testa. Testè il motorino non partí. Un pre testo. Testimone gli disse. Allora si intestò il test di un testamento, così il tasto partì tosto.
Datemi un toast. Per la mia testuggine

In pista!
Un pasto con molta pasta e pesto disse un pastore doveva essere pastorizzato.
Allora il pastone fu pestato ma non impastato.
Quella peste del pastaio disse allora pasta. Non c'e piu' posto. 

lunedì 21 febbraio 2011

Salvare il mondo

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

J.L.Borges

sabato 19 febbraio 2011

Onesta' che piacere !

Oggi sembra sempre piu' prevalere un comportamento che vuole superare antichi valori. Quelli descritti da diversi punti di vista legati all'etica, a sentimenti religiosi o sociali, o semplicemente eredita' di buone pratiche familiari, tramandate da generazioni, con esempi o talvolta saggi discorsi.
Tutto ciò accomunato da un'apparente rinuncia al piacere immediato, alla gloria, alla ricchezza e alla felicita' facili, ottenuti senza fatica e in modo rapido.
Tutto ciò appare come vecchio e conservatore in contrasto con una visione moderna della vita che si appoggia su una visione pragmatica, che si libera di fardelli inutili, pronta ad affrontate le nuove sfide e le nuove opportunita' in modo efficace e diretto.
Nell'evoluzione della vita, il nuovo è sempre coinciso con nuove condizioni climatiche e ambientali, con la necessita di nuovi adattamenti, di nuove sfide e nuovi metodi per vincerle.
Rimanere ancorati strettamente e in modo rigido ai vecchi schemi e valori ha sempre significato sconfitta.
Ma e' anche vero che mai nella storia della vita e dell'umanità il nuovo ha assunto il significato di facilita' di azione, assenza di fatica, di fantasia o di rischio. Se mai il contrario.
Ora sembra prevalere la falsa concezione che chi predica il ritorno a valori che rifiutano l'ottenimento di corsie facili e preferenziali alla felicita rappresenti il vecchio. E che viceversa, vivere senza fardelli, pensieri, sforzi, evitando investimenti sul futuro senza contropartite immediate, sia il nuovo.
Guardiamoci bene da questo imbroglio, da questa truffa.
Non si e' mai costruito nulla senza fatica e quando e' accaduto e' perche' e' stato possibile sfruttare il lavoro di altri individui. Ma al prezzo di violenze, oppressioni e guerre. Ottenute anch'esse a prezzo di grandi sforzi e tragedie.
Non e' quindi importante per chi si affaccia al nuovo  accettare necessariamente antichi valori. Ma e' fondamentale pero' sapersi conquistare nel proprio piccolo, un posto nell'eternita'. A prezzo sempre di grande impegno e perseveranza.
E visto che distruggere, esportare violenza e oppressione non solo e' molto impegnativo, ma non produce alla lunga nessun beneficio, nemmeno verso chi ne ha inizialmente approfittato, non ci resta che una sola alternativa possibile.
Svegliarci prima di tutto, abbandonando la menzogna.
Quella che afferma che è molto piu' facile raggiungere la felicita' senza fatica, abbandonando qualunque sforzo o riflessione riguardo al bene comune.
E' l'intelligenza, individuale e collettiva che sola potrà salvare il nostro futuro e il nostro pianeta da noi stessi.

mercoledì 9 febbraio 2011

Una questione di metodo: il lavoro collaborativo

CONDIVISIONE

La propensione a concedere libero accesso ai propri contributi

COORDINAMENTO

rispetto di convenzioni e regole condivise nello svolgimento della propria attività
=

COOPERAZIONE

attività svolta in funzione del raggiungimento di obiettivi comuni.

Nelle ultime mie lezioni, ma soprattutto nei piú recenti interventi sul codice di una esercitazione collaborativa con gli studenti, ho cercato di riassumere in modo essenziale un preciso punto di vista.
E' possibile superare una modalità di lavoro rigida, innefficiente e poco stimolante in favore di un metodo che favorisca invece oltre che la produttività anche il piacere di lavorare insieme ?
Forse la tecnologia ci può essere d'aiuto, ma solo se sapremo assumere un diverso atteggiamento personale nelle nostre abitudini quotidiane.
Così come a livello individuale, l'ordine eccessivo può diventare maniacalità e uccidere ogni fonte di creatività anche a livello collettivo può accadere la stessa cosa.
Allora la questione non e' scegliere tra ordine e disordine, tra pianificazione e improvvisazione, ma sfruttare al massimo tutti questi fattori. Come ?
Semplicemente fissando i propri obiettivi in modo piu preciso possibile, ma senza considerarli immutabili.
E soprattutto contribuendo in prima persona a formarli o a modificarli. Senza mai subirli passivamente.
Abituarsi ad accettare i contributi degli altri, i differenti punti di vista, ma utilizzandoli per rafforzare il proprio.
Catturare al volo le proprie idee, quando nascono e metterle subito a disposizione della propria comunità perché rinvigoriscano.
Conciliare infine l'ordine, con la prospettiva, ossia la capacità di cambiamento in un ottica di miglioramento continui.
Che sia questa la cosa che il filosofo fracese Pierre Levy ha chiamato "intelligenza collettiva" ?

venerdì 4 febbraio 2011

Apologia di un matematico

L'utile inutilità
GODFREY H. HARDY
"Apologia di un matematico"

È innegabile che una buona parte della matematica elementare (…) ha una considerevole utilità pratica. Questa parte della matematica in complesso è piuttosto noiosa ed è proprio quella che ha minore valore estetico.
La “vera” matematica dei “veri” matematici, quella di Fermat, di Eulero, di Gauss, di Abel e di Riemann, è quasi totalmente “inutile”.
Non è possibile giustificare la vita di nessun vero matematico professionista sulla base dell’utilità del suo lavoro.

(…) Non ho mai fatto niente di “utile”.
Nessuna mia scoperta ha aggiunto qualcosa, né verosimilmente aggiungerà qualcosa, direttamente o indirettamente, nel bene e nel male, alle attrattive del mondo.
Giudicato secondo tutti i parametri pratici, il valore della mia vita matematica è nullo; e al di fuori della matematica è assolutamente insignificante.
La sola difesa della mia vita (…) è dunque questa: ho aggiunto qualcosa al sapere e ho aiutato altri ad aumentarlo ancora.

Giunto a fine di una carriera scientifica prodigiosa, Hardy scrive una difesa della propria vita che è una vera opera letteraria.
Iscrivendosi implicitamente nella lista dei grandi matematici di ogni tempo, con falsa modestia Hardy rivendica la inutilità della propria scienza ai fini pratici. Non è l’utilità il criterio con cui giudicare, ma la bellezza e il piacere del sapere. Lo scienziato chiede di essere valutato da altri scienziati sulla base del sapere: se ha aumentato il sapere e se ha indotto altri, con le proprie scoperte, ad aggiungere ancora sapere.
La scienza moderna ha inventato una organizzazione nella quale il sapere è condiviso e reso pubblico, e i criteri della qualità non sono fissati dal principe, o dallo Stato moderno, ma dagli scienziati stessi. Il criterio di affermazione della scienza non è dunque l’utilità ma il fatto che il sapere venga o no utilizzato da altri per produrre altro sapere. Questo sistema, nel lungo periodo, è la fonte più potente di innovazione e, contrariamente alle affermazioni di Hardy, ha una utilità pratica immensa. Purché lo si lasci lavorare con questi criteri.

giovedì 3 febbraio 2011

Intelligenza: un messaggio ai miei studenti

Ho recentente inviato un messaggio sul forum di miei studenti di una classe quinta, impegnati in un'esercitazione in cui sto sperimentando un approccio alla progettazione più realistico e consapevole.
Nel progetto informatico che devono realizzare cerco di giocare un ruolo di osservatore, sfruttando ogni occasione, positiva o negativa per stimolare una riflessione critica su quanto stanno facendo. Ecco il testo dell'ultimo messaggio:

Nei miei interventi degli ultimi giorni, telematici o dal vivo ho cercato
di esprimere dei concetti e fornire degli esempi che non seguono uno schema consolidato.
Spero tanto che ve ne siate accorti.
Abbiamo parlato in un recente post della gestione del tempo e dell' impegno che ogni attività degna di successo richiede.
Nulla di molto originale in questo, probabilmente sarete assuefatti a
predicozzi di questo tenore da parte di altri insegnanti, genitori o
fratelli maggiori.
Da parte di persone insomma che si sono presi carico, per ruolo ricoperto o per amore parentale, del vostro futuro.
Stavo riflettendo però sulla motivazione profonda che mi spinge ad
esternare determinati pensieri e a tentare certe strategie. E' qualcosa
che non necessariamente è legato al senso del dovere o la passione per il
proprio lavoro.
Qualcosa che mi fa sentire profondamente a disagio in questo momento storico e in particolare nella società in cui viviamo.
Forse si tratta della motivazione profonda che mi ha spinto a scegliere questo mestiere piuttosto che tentare o continuare su altre vie.
Ho compreso che si tratta del fascino che ha sempre esercitato su di me e dell'elogio che ho sempre desiderato tributare all'intelligenza.
La propria e quella altrui.
Mi sta bene tutto, disinteresse personale o svogliatezza. Desiderio o egoismo.
Ma non la stupidità. Esibita, reale o presunta.
La furbizia e l'inganno. L'ignavia o la passività.
E' l'unica cosa che odio veramente, che aborro.
Che mi da nasuea. Siamo circondati da questo clima, soffocati direi.
Non cadete in questa trappola, non nascondetevi mai dietro la finta
stupidità per convenienza.
Esibite la vostra intelligenza ogni volta che potete. Allenatela.
Questo era il senso del mio intervento sul tempo

Prima ancora di chiedervi impegno o rispetto dei doveri , mi piacerebbe convincervi della necessità fondamentale di impegnare e sviluppare la vostra intelligenza.

" A furia di camminare con lo zoppo si impara a zoppicare" dice un vecchio proverbio popolare.
Guardatevi attorno. E' tutto un esempio di astuzie, rendite di posizione, guadagni facili e apparenze lontane dalla realtà concreta.
Sembra che qualunque altro discorso sia corretto solo in senso accademico, Ma poi si scontri con la realtà quotidiana dove contano altre cose, meno che l'intelligenza.

Ebbene non è così.

E' questa la cosa che mi arreca più disagio, non solo con voi, ma anche in altre situazioni di lavoro o di amicizia.
L'esibizione della stupidità, il nascondere l'intelligenza come se fosse una malattia da non esibire. Utilizzarla solo per propri fini astuti e per sopravvivere nel quotidiano.
Qualcosa di cui vergognarsi come se arrecasse danno a chi l'intelligenza non solo non la esibisce ma forse realmente l'ha persa o non l'ha mai avuta.

E' un arrendersi al pensiero e alla pratica mafiosa questo. L'equazione "intelligente è chi è furbo", è una falsa equazione.

Mi sento a disagio quando vi osservo comportarvi in modo passivo, per difendere magari qualche sacrosanto diritto ma in modo sbagliato. Al posto di rivendicare le vostre esigenze, ritagliarvi furbescamente uno spazio che in realtà spazio non è.
Evitare un'interrogazione, studiare il minimo indispensabile.
Non arrichhivirvi, per fare dispetto a chi ?

Non esercitare le capacità innante che possedete, quelle legate alla riflessione critica, ribelle oppure saggia. Più saggia di tante persone mature che lo sono solo per l''età e il ruolo.

venerdì 28 gennaio 2011

I mezzi giustificano i Fini ?

Se il fine giustifica i mezzi, gli interi saranno giudicati senza appello ?
Rispondiamo dicendo che il Preside del Consiglio ha utilizzato i mezzi per perseguire i Fini.
Da Santa Lucia un sacco di regali, tra cui le carte da gioco di Montecarlo.
Babbo Natale e' diventato papi Natale da quando e' passato da Arcore e ha incontrato Santa Maria Godetti.
Il Bossi ha invitato tutti ad abbassare i Toni, dopo che Frattini aveva proposto di trasformare la Camera in un Casino.
Con le carte truccate spera di far vincere persino Emilio Fido dopo che questo è stato scoperto con le mani sull'argenteria del padrone di casa.
Poi si è accorto di aver dimenticato l'accento e non potendo piu' mettere le carte in tavola, ha optato per il plurale sperando nell'appoggio dell'UDC
Ma Pierferdy non si è fatto impapocchiare, insiste con la storia del terzo escluso,  il polo che dice la verità, poi la nega e infine dice che non ricorda.
Come potrebbe ricordare Silvio tutti quei numeri di telefono ?   
Ha bisogno di un agente. Era un agenda ma poi si è presentato Lele Mora. I soliti errori di battitura del T9
Aveva un codazzo di ragazze e hanno citofonato, e che cavalo non li facevo entrare ? Cribbio, sono una persona generosa io.
Poi sono molto religioso e un programma come L'infedele mi manda subito in bestia. Anche perché sono abbastanza geloso e la mia finanzata era li, dal programma di GAD Lerner.
Ebbene sii avete scoperto adesso sapete chi è: Iva Zanicchi. Torna subito a casa, svergognata le ho detto.
Ma non mi ubbidisce nessuno.
Nemmeno quando ho provato a recuperare nostra figlia Ruby, fermata dalla polizia. Non mi hanno creduto quando gli ho detto che sarebbe successo un casino in Egitto.

L'uomo della provvidenza

Le recenti vicende giudiziario-mediatiche che coinvolgono la presidenza del consiglio hanno risvegliato in me un sentimento che covava da parecchio tempo.
Sembra che la condanna del nostro paese sia quella di vivere perennemente alla ricerca dell'uomo della provvidenza.
Dal mitico generale Garibaldi relizzatore dell'unità italiana, per passare alla buonanima di "caro Lei quando c'era Lui", e dall'esule di Hammamet per giungere al Cavaliere.
Questa pessima abitudine è la fonte principale di tutti in nostri guai politici, sociali ed economici. Un vizio che perennemente ci accompagna come paese e come storia.
Quello di sperare che qualcuno si occupi della cosa pubblica, del controllo dell'operato di chi ha posizioni di potere, che tuteli i nostri particolari interessi, senza che ci si debba impegnare minimamente in prima persona in tutte queste cose.
Su tutto questo ci si divide, si sbraita e ci si accapiglia in difesa di questo e nell'accusa di quello.
Ci si affida completamente, all'uomo della provvidenza (o ai gruppi suoi antagonisti) 'per evitere il peggio', il nemico, ma mai per realizzare un sogno, prendere nelle proprie mani il destino e le scelte concrete del nostro paese.

Alla fine della  prima 'repubblica' si è persa un'occasione storica: quella di costruire la seconda. Con un bel colpo di spugna, che spazzasse via le vecchie abitudini clientelari, magari non con un perdono generalizzato (che poi è avvenuto lo stesso) ma con la semplice uscita di scena forzata dei vecchi attori.

Un girare pagina seguito da un'assemblea costituente che rifondasse lo stato conservando i vecchi e solidi principi di uguaglianza e libertà, ma rendendo più snelle e trasparenti le regole de gioco. Che creasse le condizioni di una nuova classe politica, giovane e dinamica, in competizione sulle proposte, e sulle capacità di realizzarle.
Cosa si è preferito fare invece ? Schierarsi da una parte e dall'altra, entrando subito nella competizione sostenendo l'uno o  gli altri. Fiduciosi che qualcuno alla fine avrebbe tutelato i nostri particolari interessi.
Al posto di unirci ci siamo divisi. E questo è il risultato.

Il cavaliere non ha governato ininterrottamente in questi anni. Eppure i governi dell'Ulivo non hanno affrontato le questioni strutturali e rilevanti.
Si sono concentrati sulla gestione dei fragili equilibri interni e di potere.
Così alcuni sono saliti sul carro dei vincitori, altri hanno condotto una opposizione quanto mai sospetta e connivente, nessuno si è preoccupato più dei bisogni fondamentali di questo paese.

L'errore è stato e continuerà ad esserlo, pensare che debba essere qualcuno a farlo e non noi semplici cittadini, membri della società civile.
Ma per agire con ordine e senza violenza, occorrono regole condivise, valori comuni, sentimento di nazione unita e solidale.

Affidarsi all'uomo della provvidenza, chiunque esso sia e qualsiasi buon proposito  possa  inizialmente avere è l'inizio della fine.
Verrà sempre il momento in cui gli idoli cadono in disgrazia, gli uomini se ne vanno, le ricchezze e le antiche sicurezza si sgretaolano.
E con esse si dilegua il sottobosco di personaggi pronti a saltare da un carro del vincitore all'altro.
Gli unici uomini della provvidenza a salvarsi da questa fine sono gli eroi, quelli che si tolgono di mezzo spontaneamente per non invischiarsi in questo letamaio che si forma quando dai buoni propositi si passa alla gestione quotidiana dei conflitti. O purtroppo coloro che donano la vita per inseguire un'utopia di giustizia e onestà.

Il generale si ritirò nella sua casa di Caprera ad osservare il mare.
Qualcuno aveva consigliato al Cavaliere di fare altrettanto, in tempi non sospetti, proprio quando decise di scendere in campo.
Ma lui non lo ascoltò. Lui credeva di essere suo amico,  ne lodava l'aiuto e l'indipendenza professionale che gli aveva garantito fino a quel momento, ma ora egli  esigeva il controllo dei suoi mezzi di informazione,  per le bordate quotidiane a difesa del suo proprietario.

Peccato, ci troviamo in una situazione in cui siamo tutti un po' colpevoli, per motivi diversi. E non ci aiuterà di certo scaricare la responsabilità sugli altri.
O indignarci per qualche ragazza che esercita il mestiere più antico del mondo.

Preferisco preoccuparmi per chi non ha più o rischia il posto di lavoro e fare qualcosa per questo. Parlare di costituzione, di cultura e di valori in classe e non nominare nessuno

mercoledì 26 gennaio 2011

Nativi digitali

Nativi digitali, un pomeriggio con il professore.

L'aula non era colma, anzi, uno sparuto pubblico occupava solo parte dei posti disponibili nella sala e tra loro nessun giovane.
La conferenza era stata organizzata come seguito di un precedente intervento, sul tema dell'impatto delle nuove tecnologie e in particolare quelle informatiche e telematiche sulla società e su coloro che in un futuro molto vicino dovranno occuparne i posti chiave: i giovani appunto.

Il filosofo è colui che fa della filosofia, non la racconta.

Potrebbe essere sintetizzato così l'intervento del professor Moriggi, che nel replicare all'introduzione fatta dal moderatore tenne subito a precisare che la filosofia fa parte delle materie umanistiche solo in Italia.
Scontiamo una storia che ancora oggi relega la scienza e ancora di più la tecnologia fuori dal termine 'cultura', che consente a molti di dibattere e decidere su temi scientifici senza possedere una vera cultura scientifica.
Argomenti molto interessanti, ma il cuore del discorso era soprattutto un altro per me: chi sono i "nativi digitali", coloro che sono nati con il mouse in mano, quelle persone denominate anche 'always on', sempre connesse ?

Fra pochissimo tutti gli studenti saranno nativi digitali, gran parte lo sono, ma fra non molto anche gli insegnanti lo saranno.

Per il momento chi si occupa di didattica e nativo digitale non è, si pone delle domande cruciali: come possiamo trasmettere 'cultura tecnologica' piuttosto che semplice 'competenza tecnologica'. Perché dovremmo farlo innanzitutto ?

Il timore di chi vive il fenomeno dello sviluppo tecnologico dal di fuori, non essendone in pieno coinvolto, perché restio verso l'utilizzo dei nuovi strumenti, o semplicemente perché crede di non averne bisogno è quello di vedere svanire i vecchi valori e le vecchie buone abitudini, quelle che ti fanno assaporare il tempo delle cose che fai, o l'importanza di ciò che produci.
Vedendo le cose dal di fuori però non si colgono opportunità, si vedono solo pericoli.
E' una situazione davvero paradossale questa, tutte le accuse fatte agli sviluppi tecnologici dell'era moderna, legati al diffondersi dell'informatica, se provengono da un'area  culturale così detta "umanistica", si rivelano percorrere strade riduzionistiche e meccanicistiche nelle loro argomentazioni, mentre lo sviluppo scientifico e tecnico è già andato oltre, da un bel pezzo. E' il trionfo con in nuovi mezzi, della potenza del messaggio scritto, del potere evocativo della parola, emozionale e trasformativo, ampliato dalla velocità e potenza dei nuovi mezzi di comunicazione. E' l'affermarsi concreto di una concezione olistica, sulle semplificazioni di categorie obsolete, con cui abbiamo etichettato le discipline scolastiche.

Nativo digitale è colui che vive la tecnologia, non ne parla.
 
Vivendola senza parlarne può dare l'impressione di non cogliere nessuna o poche delle buone eredità della cultura passata. Ma è necessariamente un male questo ?
Non è detto se per un attimo ripensiamo a cosa è stato combinato nella società e nell'ambiente dalle generazioni passate.

Allora sogniamo per un istante che lo scopo non sia quello di trasmettere ciò che di grande è stato pensato e detto, e magari poco realizzato, ma di contribuire insieme ai nativi digitali, la fioritura di una nuovo cultura, con i semi di ciò che non si è mai realizzato compiutamente, schiacciato da uno sviluppo economico insensibile all'ambiente e dunque al benessere reale dei cittadini, volto alla diffusione di falsi bisogni e di falsi miti.

Sogniamo per un attimo di ritornare ad un mito che ci ha fatto sognare un po' di anni fa, senza i computer e Internet a disposizione: il superamento di una società borghese, con il suo benessere ma con le sue ipocrisie, rovesciando certe concezioni del mondo che ci circondava.
Dai risultati ottenuti, non sembra che il metodo abbia riscosso molto successo, molti dei sognatori di allora oggi sono manager, filosofi o sindaci di grandi città, ma l'ambiente in cui viviamo non sembra sostanzialmente migliorato.
Ma se ci domandiamo un attimo,  in modo pragmatico, ossia più vicino a come ora sembrano essere gli adolescenti, cosa è importante veramente trasmettere alle nuove generazioni attraverso l'azione didattica ed educativa, la risposta non può che essere ancora una volta, la fiducia nel valore della cultura.
Ma come realizzare questo obiettivo nell'era digitale ?

La risposta del "filosofo"  a questa forse un po' ingenua domanda è coerente (e come potrebbe non esserlo) con le precisazioni evidenziate all'inizio della conferenza.
Occorre mostrare agli studenti, la complessità del mondo e di ciò che sta dietro all'utilizzo degli strumenti e che solo l'acquisizione di una solida base di cultura logico e scientifica,  e del metodo di indagine che ne sta alla base, può guidarci nella lettura di questa complessità.
L'insegnamento di discipline come l'Informatica  riacquista in questa luce la sua dignità culturale, come disciplina squisitamente interdisciplinare e sistemica e non semplice addestramento sull'utilizzo di apparati e programmi.

L'aula era priva della presenza fisica di giovani, ma nello smart-phone posto sul tavolo dal professore, continuavano a giungere messaggi dai social network riguardanti i temi che stavamo trattando. Proprio da quei giovani che stavano semplicemente vivendo l'evento in un altro modo.

Se vogliamo darci da fare e non perdere il treno, possiamo ancora sperare di costruire il prossimo futuro insieme, con tutta la cura e attenzione che merita, cercando di utilizzare la potenza della collaborazione di idee al di la della presenza fisica o delle apparenti assenze di valori.





Mappe per Studiare

In questo articolo parlerò dell'utilizzo delle mappe nella didattica.
E' consueto utilizzare schemi per rendere visivamente più chiari ed evidenti argomenti che si prestano ad un'analisi condotta mediante scomposizioni o classificazioni.
Con il termine Mappe intendo riferirmi a due tipologie di schemi largamente utilizzate per la descrizione di argomenti complessi o che aiutano a stimolare e facilitare la definizione o l'identificazione degli elementi fondanti di un argomento: le mappe concettuali e le mappe mentali.
Le prime perseguono l'obiettivo di rappresentare e descrivere mediante uno schema grafico costituito da nodi e frecce un argomento complesso, identificandone i concetti fondamentali e le relazioni che li legano.
Sono molto utilizzate nei libri di testo per esporre mediante schemi una serie di concetti correlati. In questo momento mi interessa però proporre uno strumento che sia utile dal punto di vista dello studente ossia da colui che vuole apprendere, piuttosto che dal punto di vista di chi sa e vuole spiegare. 
Per questo scopo sono forse più utili le mappe mentali, o per lo meno il loro utilizzo e' più intuitivo e immediato. Il loro scopo é più evocativo che descrittivo, significa che possono esseri utili per stimolare nuove idee, sia in chi le crea, sia in chi le consulta.
Introduciamo un esempio, realizzando una mappa mentale con il software Xmap scaricabile gratuitamente dal sito. www.xmap.com
La creazione di una mappa mentale inizia con il dare un nome al concetto che vogliamo esplorare. 
Con un programma come xmap e' la prima informazione che dovremo scrivere. Essa apparirà  al centro dello schema.  
Passeremo poi ad esplorare i concetti fondamentali legati a questo tema centrale. Come possiamo scomporre l'argomento in parti indipendenti ?
Basterà aggiungere ciò che ci viene in mente per vederlo rappresentato da un nodo legato all'argomento principale. 
Come petali di un fiore la nostra analisi potrà essere rappresentata in modo grafico rapidamente, suggerendoci nuovi nodi o classificazioni. Maggiore enfasi alle informazioni potrà essere data scegliendo icone colorate, sfondi o raggruppamenti.
Un esempio concreto e rappresentato da questa mappa volutamente incompleta che analizza il concetto di web 2.0
Nel disegnarla mi sono chiesto a quali bisogni debba rispondere uno strumento di Internet classificato sotto la sigla Web 2.0
Nel cercare di rispondere dopo aver cercato di elencare questi bisogni ne ho esplorato uno in particolare cercando di arrivare a indicare un esempio specifico.
Ora scegliete un argomento che vi piace o dovete studiare e provateci ache voi. Sentitevi liberi e fantasiosi e giocate con la vostra mappa arricchendola sempre di più



sabato 1 gennaio 2011

Una lezione con Diigo

Una lezione con Diigo
di Giulio Falco

Ho cominciato a pensare che Diigo, lo strumento per il social Bookmarking, potesse essere utile per le mie lezioni, riflettendo indirettamente su un'altra questione:
"come possiamo migliorare la gestione del nostro tempo, in un'epoca così frenetica, piena di impegni ma anche di stimoli continui, che mettono a dura prova la nostra attenzione e la nostra capacità di ricordare ?"
Rincorrere continuamente le novità, onorare gli impegni, porre attenzione su ogni cosa che ci capita e ci sembra degna di nota, non solo è faticosissimo, ma ha un importante effetto collaterale:
se cerchiamo di mettere ordine alle nostre cose, ci rimarrà il tempo per riflettere ?
Se non vogliamo rinunciare a entrambe le cose, ossia vivere il nostro tempo, ma nello stesso momento lasciare spazio alla nostra immaginazione e ai nostri desideri, urge una strategia e una metodologia che ci venga in soccorso.

Con questa ida in mente mi sono imbatturo in un libro di Davin Allen, uno studioso autore di un metodo chiamato GTD (Get Thing Done) che ha avuto un enorme successo mondiale fra i manager aziendali e le persone comuni.
Merito del suo lavoro non è tanto aver messo a punto una serie di consigli pratici che possono anche apparire ovvi, ma di aver analizzato in modo generale le motivazioni profonde sul perchè bisognerebbe adottare il suo metodo.
Allora ho pensato: potrebbero valere questi principi anche nello studio e/o nell'insegnamento ?

Uno dei principi fondamentali è che dovremmo possedere dei sistemi, non necessariamente elettronici, per rendere semplice ed affidabile la registrazione delle informazioni rilevanti per noi, nel momento in cui compaiono fin al momento in cui vengono utilizzate.
L'errore che tutti incosapevolemnte compiamo è quello di voler fare tante cose in uno stesso momento, con conseguente stress e perdita di fiducia nel sistema di registrazione che ci spinge po ad abbandonarlo o a non adottarlo appieno.

Allora la mia lezione con Diigo si svolge in questo modo: viene proposto un argomento, abbastanza generale per poter essere sviluppato in diversi modi e abbastanza complesso da richiedere una ricerca di materiale.
Prima di scrivere qualcosa di nostro occorre RACCOGLIERE delle informazioni. Il web è fantastico in questo, ma estremamente dispersivo. Siamo attirati in continuazione da link che ci portano da una pagina che ci sembrava bella ad un più interessante per altri motivi.
Raccappezzarsi anche dopo pochi minuti è un incubo.
Ma perchè non trasformare un incubo in un qualcosa di piacevole ? Lasciamoci trasportare dal viaggio, siamo lì per esplorare non per Capire o Catalogare
In questa fase i ragazzi se la cavano benissimo, sono nelle altre fasi in cui difettano. Non servirebbe a nulla inibirli nelle cose che fanno bene solo perchè non riescono ad ottenere risultati significativi in altri compiti.

Dopo aver raccolto in un gruppo condiviso su Diigo tutti i link trovati da ciascuno, si passa alla seconda fase: RIFLETTERE

Ognuno deve porsi la domanda riguardando i link trovati: "perchè la risorsa è interessante ?".
Oppure "vale la pena eliminarla ?"
In questa fase si riprendono le risorse e si rileggono dopo avere eliminato i doppioni o quelle ritenute meno utili.
Per quelle rimaste dovremo passare alla CATALOGAZIONE utilizzando delle parole adatte come etichette (tag). Queste si possono concordare con l'insegnante o seguendo una logica propria scegliere quella o quelle più adatte a catalogare la risorsa.
Infine occorre COMPRENDERE il materiale che abbiamo trovato. Ciò dovrà avvenire sottolineando alcune parti significative, che verranno visualizzate da Diigo nell'elenco dei link.
Questa fase è importantissima. Sottolineare non è un'operazione semplice, occorre leggere tutto il testo, per riuscire a identificare le parti più significative. Non devono essere troppe e ne troppo poche.
Una volta svolto questo compito per conto proprio e con attenzione, si potranno successivamente leggere online i commenti dell'insegnante, che intanto avrà seguito e stimolato i lavori.

Per concludere il lavoro si passerà alla fase di PRODUZIONE, dove si potrà creare una lista tematica, includendo i link migliori e per generare un testo contenente tutte le note e le sottolineature. Successivamente intervenire manualmente su questo testo e trasformarlo in una tesi o manuale di studio.

Un procedimento un po' diverso che una ricerca fatta con un copia incolla da wikipedia senza aver nemmeno letto di cosa si tratta, o no ? Abbiamo applicato una didattica per 'processo' e non per 'risultato'. Gli studenti vengono valutati per ciò che svolgono e su come lo svolgono piuttosto che sui prodotti che consegnano. Ma possono essere continuamente corretti e sostenuti durante il percorso.