Tutto cambia per lasciare le cose come stanno.
Sembra questo il destino ineluttabile del nostro paese. Si spera che non sia così, che la fine di un ciclo e la crisi che stiamo attraversando possano rappresentare in realtà il punto di partenza per una vera rinascita.
Personalmente mi interessa poco analizzare in questa riflessione i comportamenti e le dichiarazioni dei personaggi pubblici, coinvolti direttamente o indirettamente nelle vicende politiche ed economiche.
Mi chiedo piuttosto come si sentono le persone che incontro quotidianamente per la strada, al bar, a scuola o nei luoghi di lavoro piuttosto che negli ospedali.
Non mi sembra di percepire la volontà di un cambiamento che parta dal basso.
Al massimo qualche commento o qualche battutina. Un certo ghigno di soddisfazione in chi detestava da tempo il premier e i suoi comportamenti.
Silenzio in chi forse pensa delle cose ma non osa pronunciarle in questo momento.
Non noto molti segnali che possano far pensare a qualcosa di diverso da una semplice attesa che qualcosa accada perchè deciso dall'alto.
Invece a me viene voglia di immaginare nuove iniziative, nuove attività o semplicemente maggior lena nel cercare di migliorare il mio lavoro e la mia cultura.
Perché forse è proprio questo il momento di investire. Se non crediamo tutti noi, semplici cittadini, lavoratori e professionisti, insegnanti o futuri imprenditori nella ripresa chi dovrebbe crederci veramente ?
Nella politica partecipata, nel coraggio di cacciare i parassiti che si annidano in tutte le formazioni politiche di destra e di sinistra, nuove e vecchie.
Proprio in questi momenti di svolta si preparano plotoni di cavallette pronte a saltare su nuovi carri, intenti a preparare strategie basate sulla passività dei cittadini onesti e operosi.
Qualcuno ha proposto di acquistare i BTP che causano tanta preoccupazione con i loro tassi sempre più alti.
Precipitiamoci invece ad aprire nuove attività. Ad aiutare i giovani a farlo. A partecipare attivamente al dibattito politico, a organizzare conferenze e simposi culturali, a informare, a studiare, a imparare lingue straniere.
Muoviamoci, non attendiamo che siano i mercati, le istituzioni europee o quelle economiche a liberarci dei leader in cui non crediamo più.
Perché due sono le cose: se non lo abbiamo fatto di nostra iniziativa significa che la maggioranza del paese è ancora con loro. Oppure che siamo così passivi ed opportunisti da pensare che la nostra azione e il nostro pensiero non conti, o infine che in fondo quando tutto va male, meglio pensare ai fatti nostri.
Le forze politiche che dovrebbero sostituire l'attuale maggioranza tutto sembrano tranne che unite e con le idee chiare.
Ciascun gruppo è preda forse dello stesso tarlo che paralizza l'iniziativa, la speranza e la capacità di pensare sinceramente al bene comune ?
La disillusione tipicamente italica, che ci impedisce di capire che la nostra felicità individuale e quella collettiva non sono necessariamente obiettivi inconciliabili ?
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