mercoledì 23 novembre 2011

Un messaggio ai miei studenti

Dopo aver scritto l'ultimo messaggio sul forum riguardante una recente lezione, ho fatto una piccola riflessione che vorrei condividere con voi. ( Ogni tanto mi capita :-) )
Ha poco a che fare con la didattica diretta, ossia che le cose che dobbiamo fare ogni giorno per assolvere bene o male ai nostri doveri.
Mi sono per un momento sforzato di immaginarmi nei vostri panni oggi, per cercare di capire come vedrei le cose e soprattutto con quali differenze rispetto a come le vedo adesso.
Naturalmente credo sia più facile riflettere su ciò che mi spinge a proporvi un argomento piuttosto che un altro a lezione, o scegliere un approccio che migliori il vostro rendimento nell'apprendimento.
Non credo nemmeno che sia così scontato che possiate apprezzare più di tanto questi sforzi, soprattutto perchè alla vostra età i problemi e gli stimoli sono i più vari e diversi, e dare importanza allo studio e per di più ad una particolare materia non credo che sia tra le vostre priorità maggiori.
Ogni docente che ama insegnare agisce sempre nella convinzione che la propria materia é la più importante di tutte, anche perchè la ama (si spera) o più semplicemente perchè ha rappresentato per lui una svolta importante nella sua vita.
Almeno per me è stato così. L'incontro con l'Informatica ha cambiato sostanzialmente il modo di essere, di pensare, di affrontare la vita lavorativa e non.
Non sto parlando dell'Informatica vista solo dal punto di vista tecnologico, ossia i computer, i programmi e tutti gli ammenicoli con cui ci trastulliamo oggi.
Se avessi incontrato altre materie così appassionanti per me, forse oggi vi farei lo stesso discorso a proposito della chimica o della fisica o di qualche altra interessante disciplina o arte.
Non è quindi questo il punto che volevo toccare con il mio messaggio.
La piccola riflessione descritta prima, riguarda il fatto che mi rendo conto di affrontare i problemi sempre da una prospettiva molto ampia, quasi filosofica direi.
Cerco di coglierne sempre tutti gli aspetti, sia tecnici che di altro tipo. Anche nelle cose che apparentemente agiscono in un ambito circoscritto come ad esempio l'ultima esercitazione.
Provo sempre ad esercitare creatività in quello che faccio, a non dare nulla per scontato, a verificare e testare sul campo ciò che immagino. A non essere superficiale nella scelta delle parole.
Tutto questo lo devo sicuramente ad uno studio attento dell'Informatica, ma anche a scelte culturali e filosofiche ben precise.
Serve poi avere certamente la fortuna di incontrare persone straordinarie che possano arricchirti come nessun libro potrà mai fare.

Allora vorrei concludere con un'osservazione: viviamo in un epoca di grandi mezzi tecnologici, che ci possono aiutare tantissimo nello sviluppo del nostro percorso di crescita culturale e umana. Non sprechiamoli.
Le risorse a cui possiamo accedere ci portano anche grandi distrazioni e il momento generale non è di quelli che stimola certamente l'ottimismo e la voglia di fare.
Non giocate quindi al ribasso. Forse è un errore anche da parte di noi insegnanti cercare di fornirvi le spiegazioni come fossero omogeneizzati o latte del biberon.
Il mondo non è un posto per poppanti. E il tempo vola via in fretta.
Cerchiamo di tenere viva sempre la creatività e l'intelligenza e soprattutto la voglia di scoprire.

giovedì 10 novembre 2011

La fine del Berlusconismo ?

Tutto cambia per lasciare le cose come stanno.
Sembra questo il destino ineluttabile del nostro paese. Si spera che non sia così, che la fine di un ciclo e la crisi che stiamo attraversando possano rappresentare in realtà il punto di partenza per una vera rinascita.
Personalmente mi interessa poco analizzare in questa riflessione i comportamenti e le dichiarazioni dei personaggi pubblici, coinvolti direttamente o indirettamente nelle vicende politiche ed economiche.
Mi chiedo piuttosto come si sentono le persone che incontro quotidianamente per la strada, al bar, a scuola o nei luoghi di lavoro piuttosto che negli ospedali.
Non mi sembra di percepire la volontà di un cambiamento che parta dal basso.
Al massimo qualche commento o qualche battutina. Un certo ghigno di soddisfazione in chi detestava da tempo il premier e i suoi comportamenti.
Silenzio in chi forse pensa delle cose ma non osa pronunciarle in questo momento.
Non noto molti segnali che possano far pensare a qualcosa di diverso da una semplice attesa che qualcosa accada perchè deciso dall'alto.
Invece a me viene voglia di immaginare nuove iniziative, nuove attività o semplicemente maggior lena nel cercare di migliorare il mio lavoro e la mia cultura.
Perché forse è proprio questo il momento di investire. Se non crediamo tutti noi, semplici cittadini, lavoratori e professionisti, insegnanti o futuri imprenditori nella ripresa chi dovrebbe crederci veramente ?
Nella politica partecipata, nel coraggio di cacciare i parassiti che si annidano in tutte le formazioni politiche di destra e di sinistra, nuove e vecchie.
Proprio in questi momenti di svolta si preparano plotoni di cavallette pronte a saltare su nuovi carri, intenti a preparare strategie basate sulla passività dei cittadini onesti e operosi.
Qualcuno ha proposto di acquistare i BTP che causano tanta preoccupazione con i loro tassi sempre più alti.
Precipitiamoci invece ad aprire nuove attività. Ad aiutare i giovani a farlo. A partecipare attivamente al dibattito politico, a organizzare conferenze e simposi culturali, a informare, a studiare, a imparare lingue straniere.
Muoviamoci, non attendiamo che siano i mercati, le istituzioni europee o quelle economiche a liberarci dei leader in cui non crediamo più.
Perché due sono le cose: se non lo abbiamo fatto di nostra iniziativa significa che la maggioranza del paese è ancora con loro. Oppure che siamo così passivi ed opportunisti da pensare che la nostra azione e il nostro pensiero non conti, o infine che in fondo quando tutto va male, meglio pensare ai fatti nostri.
Le forze politiche che dovrebbero sostituire l'attuale maggioranza tutto sembrano tranne che unite e con le idee chiare.
Ciascun gruppo è preda forse dello stesso tarlo che paralizza l'iniziativa, la speranza e la capacità di pensare sinceramente al bene comune ?
La disillusione tipicamente italica, che ci impedisce di capire che la nostra felicità individuale e quella collettiva non sono necessariamente obiettivi inconciliabili ?