venerdì 20 gennaio 2012

Doveri e poteri

In questi giorni si fa un gran parlare della tragedia dell'isola del Giglio.
Il naufragio rappresenta da sempre una paura quasi ancestrale, da quando l'uomo naviga, affrontando il mare, ne subisce il fascino e il terrore.
Non ho nessuna intenzione di affrontare il tema che tiene così impegnati giornalisti e autorità.
Amo il mare e soprattutto rimango sempre incantato dalle metafore che riesce a evocare.
Questa volta mi spinge a riflettere sui motivi profondi che mi fanno amare il mio lavoro di insegnante.
Spingersi con passione e fatica nella direzione del miglioramento culturale di altri è come lanciare una fune di salvataggio in un mare burrascoso.
Non ti può fermare di certo la fatica o il dolore, quando vedi qualcuno che non riesce ad afferrare la fune.
Speri che chi non vedi più se la possa essere cavata in altro modo, possa essere felice lo stesso. Non vuoi mai perdere questa speranza.
Ti arrabbi e imprechi, alcune volte, mai poi ricominci a lanciare. Pensi a coloro che si sono avvicinati e hanno bisogno di cure. Non pensi ad altro.
Sai che tutto ciò che puoi dare non lo avevi prima di averci provato. Lo hai conquistato nuotando.

Abitudini

Apprendere è come acquisire delle buone abitudini.
Ad esempio abbiamo imparato a respirare da quando siamo venuti al mondo. Ci sembra così naturale e semplice almeno fino a che non abbiamo la sfortuna di incontrare qualche problema di salute.
Se invece abbiamo avuto il piacere di imparare a nuotare, forse qualche problema lo abbiamo incontrato anche prima.
Respirare nell'acqua mentre si nuota è cosa profondamente diversa che respirare sulla terra ferma mentre si cammina.
Lo sa bene chi come me prima di acquisire nuove abitudini, si faceva venire il fiatone dopo tre bracciate.
Si tratta quindi di comprendere che ogni ambiente, impone le proprie condizioni e non sempre abitudini che funzionano benissimo in un contesto si adattano a situazioni differenti.
Così chi desidera imparare a nuotare deve adattarsi ad un diverso modo di respirare, che si adatti alle mutate condizioni.
Una volta ottenuta la giusta coordinazione fra movimenti e respiro potremo godere delle nuove capacità, muoverci con naturalezza anche nel mondo acquatico.
Non dovremo più nemmeno pensarci, e di certo non smetteremo di respirare correttamente sulla terra ferma.
L'apprendimento in poche parole è questo. Adattarsi a contesti differenti, acquisendo nuove abitudini, senza rinunciare a nulla di quelle che già possediamo.
Perché aver timore del nuovo allora ? Perché avere paura di cambiare ?.
Ci paralizza forse la paura di perdere ciò che abbiamo ? Ciò che si abbandona è ciò che ci ha ostacolato, non di certo ciò che ci tiene in vita come il respiro.
Sono le cattive abitudini che non se ne vogliono andare, ammantano di paura ciò che invece non dovrebbe spaventarci, ci fanno credere di essere inamovibili. Lo sono però soltanto fino a che riescono a nascondere una semplice verità.
Ciò che abbiamo considerato importante per noi fino a questo momento forse non lo era poi così tanto. Basta un respiro profondo, aria pulita nei polmoni e un po' di tempo per riflettere.
Se qualcuno vi ha fatto credere che si tratta soltanto di studiare un manuale e continuare ad essere come si è sempre stati, vi ha mentito.
Il manuale è come il salvagente, ti tiene a galla per un po', ma non ti insegna a nuotare.

giovedì 19 gennaio 2012

Folle

Viviamo in un mondo affollato di parole.
Chi ha fatto voto di vastitá, può cavarsela con le aringhe. Di questi tempi é un pesce economico e con quelle puoi benissimo arringare.
Ma se ti devi accontentare del singolare perchè il plurale maiestatis fugge allora rimani solo con il folle.
Se tenti di lasciarlo solo con la tua automobile abbi cura che la strada non sia in discesa. Potrebbe essere pericoloso lasciarla in folle.
Un po' di sesso sotto la macchina potrebbe evitare il peggio, bloccate le ruote la macchina non cammina.
Ma come potrebbe, non ha mica le gambe.
Dopo che ha arringato, dal balcone il folle si fa un bagno di folla. Perché puzza un po' il fiato a mangiare aringhe.
Lavati i denti e usa il filo intermentale.
Butto giú due appunti, sul moto dei gravi. Poi mi chiedo ma se sono gravi, perché vanno in moto ?
Se poi il folle diventa fallo si torna sotto la macchina.
Cosa accomuna tutte queste cose, la folla, il folle, il fallo ?
Se sei solo e cadi in fallo sei folle, ma se siete in tanti siete una folla. Se ad esempio sei un colonnello e chiedi ad una donna se gradisce la tua compagnia, non presentargli tutta la caserma.
Se invece sei un agitatore di molle, significa che non lo stai facendo sotto una macchina, ma comodamente su un materasso.
Allora sei un folletto.

giovedì 12 gennaio 2012

Interrogazione orale di Informatica

Un recente dialogo con una studentessa in difficoltà con svariate materie mi ha stimolato una riflessione: viviamo in una società che rispetto al passato è più concreta o più astratta ?
Preciso meglio: oggi sembra prevalere nell'immaginario collettivo e nella percezione di molti, l'idea di un periodo, nonostante la crisi economica in atto, sempre più proiettato verso il consumo di prodotti, l'attenzione agli oggetti, al possedere piuttosto che all'essere e così via.
Rispetto al passato valori culturali o etici, l'amore per l'arte o la passione per il sapere, la curiosità fine a se stessa, sembrano reliquie appannaggio di pochi visionari e nella stragrande maggioranza dei casi lusso per pochi.
Gran bei discorsi che tali rimangono appunto, confinati nei salotti, nel lavoro come nel divertimento ciò che si cerca è qualcosa da possedere, toccare o vivere per un momento, un divertimento fisico o corporeo ma soprattutto nulla di astratto o che richieda immaginazione, fantasia o preparazione per poter essere consumato.
E' la società dello spettacolo e ludica che ha preso il posto di quella industriale, da miracolo economico anni 60. Orientata alla concretezza degli oggetti da possedere o dagli “status symbol” da esibire.
Ma è proprio così ?
Se la si pensa diversamente allora significa appartenere ad una ristretta cerchia di artisti visionari o forse ipocriti mentitori ? (o peggio da irriducibili comunisti)
La riflessione prende spunto da alcune parole pronunciate dalla studentessa nel momento in cui le ho chiesto di parlare, se voleva, delle origini delle sue difficoltà.
La prima risposta è stata l'osservazione dei voti scarsi che ottiene nelle prove rispetto a quelli della sua compagna di banco, cosa che la porta a demorallizzarsi.
Ecco: il voto è l'obiettivo concreto da raggiungere. Il resto non è così importante, o almeno poco influenzabile dai discorsi con cui potevo replicare.
Invece visto che era appena terminata l'interrogazione orale, le ho risposto: lo vuoi un nove sul libretto ? (le avevo da poco comunicato il voto: 6 e mezzo) Parlo seriamente.
Mi guarda con occhi un po' stralunati e un po' furbeschi. No, risponde.
Perché, replico io ?
Perché non lo merito !?
Ohibò, non voleva diventare una predica sui meriti o sulla correttezza, la mia provocazione. Continuo.
Semplicemente le chiedo, quali sono i nostri veri obiettivi, i nostri più intimi desideri, ciò che desideriamo davvero raggiungere ?
Ciò che ci viene suggerito dalla pubblicità o dalla tv o ciò che crediamo davvero importante ?
Un oggetto si può acquistare, magari con un certo sforzo economico e forse ci renderà felici, ma solo per un po'.
Un traguardo che cerchiamo di raggiungere, ci renderà felici per sempre.
La nostra epoca e la nostra società non è più concreta di un tempo ma al contrario più astratta. I valori che contano, sono la competenza, la flessibilità, la capacità di pensare in modo sistemico e sostenibile. Rispettando l'ambiente e i vincoli imposti dalla natura non solo dagli altri uomini, o dai paesi emergenti.
La nostra è un'epoca di sfide, ci serve determinazione, fantasia, conoscenza e capacità di realizzare idee visionarie e innovative.
La formazione è un percorso, un viaggio, magari duro e faticoso a volte, ma anche stimolante e divertente. E' lo sforzo di costruire dentro di noi dei valori astratti ma più potenti di qualsiasi oggetto materiale.
Ogni miglioramento anche piccolo in questa direzione, sarà inalienabile, un nove su un libretto poco meritato sparirà presto dalla memoria, l'inadeguatezza a fronteggiare situazioni o opportunità per mancanza di competenza sarà qualcosa che rimarrà e si farà sentire pesantemente nel futuro.
L'energia potenziale costituita invece dai nostri traguardi e dai nostri successi, piccoli o grandi, riconosciuti ufficialmente da qualcuno o strettamente intimi e privati, rimarranno per sempre cambiando il nostro atteggiamento verso il mondo e i problemi, migliorando al capacità e il desiderio di acquisirne altri, rendendo la nostra vita più felice e rilassata.
Ciò che ci ha fatto crescere in definitiva non è nulla di concreto, è un sogno che abbiamo covato, un'immagine astratta scaturita dai nostri pensieri, mentre affrontavamo un problema, portavamo avanti il nostro lavoro con diligenza, ascoltavamo e osservavamo gli altri per carpirne qualche segreto. I nostri maestri spesso sono i nostri allievi e viceversa.
Mentre accarezzo queste idee, immagino il mondo di domani, colmo di sorprese, alcune piacevoli e altre meno carine, nel quale quasi di sicuro troveranno posto confortevole coloro che sanno accettare le sfide, che sanno adattarsi alle situazioni nuove, che sanno creare apparentemente dal nulla soluzioni e strategie appropriate.
Sono i maghi del nuovo millennio, prestigiatori del conscio e dell'inconscio, coloro che comprendono e assimilano velocemente nuove modalità, nuove lingue e nuove culture.
Ci avviamo verso una società astratta, ma che farà delle idee una fonte di energia potenziale inesauribile a basso costo e a basso impatto ambientale.
Studia e impegnati per realizzare il sogno le dico. Non pensare al voto.