lunedì 31 gennaio 2022

E' ancora utile studiare ?

 Cosa significa questa domanda ? Sopratutto cosa significa apprendere ?

Perché lo studio dovrebbe essere finalizzato a quello, o no ?

Negli ultimi anni, ma forse mi sbaglio, da sempre, nella mia carriera scolastica nell'insegnamento, ho sempre pensato che la scuola fosse un luogo e un'occasione di apprendimento.

Di conseguenza la mia risposta alla domanda è scontata. Come si può vivere senza apprendere ?

Certo gli animali apparentemente seguono l'istinto un apprendimento trasmesso geneticamente, ma non è vero nemmeno questo. Nel sono la prova certi comportamenti di primati, e nemmeno, basta osservare i cani, o anche animali considerati più in basso nella scala evolutiva.

Perché allora sembra che nell'ambiente scolastico, questo fatto così evidente, venga completamente travisato ? Tutto sembra ribaltato, prima ancora che si diffondesse la moda della 'classe ribaltata'.

Gli studenti cercano il voto, gli insegnanti colmare il proprio ego di trasmettitori di informazione, in perenne antitesi con il decadimento imperante e una struttura organizzativa sempre più opprimente e nello stesso tempo lassista.

Allora visto che non riesco a comunicare molto con la grande maggioranza dei miei colleghi, oberati tra uno scrutinio, una riunione qualunque e senza nemmeno la possibilità di un incontro al bar, rifletto e scrivo.

Come posso fare nella mia pratica quotidiana, nella mia piccola e affollata aula a dimostrare il rifiuto a lasciarmi trascinare dalla corrente ?

Medito mentalmente sui contenuti della prossima lezione, lasciando poi che le cose possano svolgersi secondo la dinamiche tipicamente umane. Nonostante mi nasconda dietro un monitor e una finestra di un terminale vecchia maniera. Cerco di spiegare con calma il mio punto di vista, la mia vision, come direbbero gli esperti di pianificazione aziendale. Prima di mostrare definizioni, comandi, nozioni.

Il bagaglio di informazioni è la fonte di ogni attività di apprendimento umana. Ma non è sufficiente. Non è vera conoscenza fino a che non venga fatta nostra. Assimilata.

Per farlo è necessario un atteggiamento 'costruttivista' da parte degli attori che partecipano a questo processo. Ciò significa che contrariamente agli animali, che apprendono per imitazione, per istinto di sopravvivenza, probabilmente facendo intervenire la coscienza, nella specie umana, abbiamo inventato formidabili strumenti di conservazione e trasmissione di informazione.

Ma questi non garantiscono che tutto lo scibile in essi contenuti diventi conoscenza, skill, competenza come si direbbe oggi, con un termine forse un po' abusato.

L'informazione è neutra, non garantisce da sola, la crescita personale che la vera conoscenza comporta. E' necessario che chi apprende e chi insegna comprendano a fondo  questa differenza e la smettano di trattare la conoscenza come un insieme di nozioni o al contrario tentino di  abolire le nozioni come orpello ormai inutile. Tanto c'è Internet. Lo trovo su Internet. Perché mai dovrei studiare questo, ricordare quest'altro. Prendere appunti, scrivere ?

Pensare !?

Come si può imparare a pensare, a collegare concetti che non si posseggono, perché si è rinunciato al pensiero stesso. Leggete per favore il libro di Ermanno Bencivenga: 'la scomparsa del pensiero', che illustra meglio di quanto possa fare io, il concetto che sto tentando di esporre.

Vorrei poter coniugare questi due approcci. Non si tratta di differenziare una didattica 'tradizionale' basata sullo studio e la memorizzazione, da quella 'innovativa' basata' sui collegamenti interdisciplinari.

Attenzione: rischiamo di voler ricreare nella testa degli studenti l'idea  che un collegamento é saltare con allegria da un racconto ad un altro. Tanto che volete che esca dalla testa di chi non distingue Internet dal Web, che non si sofferma su un discorso, su un concetto, e attende solamente che arrivi l'occasione con meno fatica possibile per superare la prova, con uno studio del giorno prima ?

Lasciamo perdere i collegamenti intesi come link. Riprendiamo le nozioni, senza averne timore, e utilizziamole per una visione più ampia degli argomenti trattati. Che abbracci più punti di vista. ma è possibile questo se si possiede almeno un punto di vista.

Per far propria una nozione, ci si deve immergere, bisogna fare propria quell'idea, perché di una idea si tratta, che coinvolge il proprio vissuto, la propria esperienza personale, la propria cultura pregressa.

A questo serve studiare, ad accrescere la propria cultura, che è la sola che ci consente di apprendere. E quindi di vivere

Serve saper programmare ?

A cosa serve saper programmare e soprattutto ha senso nell'epoca odierna, nella quale siamo circondati da migliaia di servizi online gratuiti e di software per fare praticamente qualsiasi cosa ?

Una domanda che mi pongo spesso, chiedendomi se la mia personale strategia formativa non sia influenzata dall'amore che ho sempre avuto per questa particolare attività: ideare,progettare e scrivere software.

Per la mia personale esperienza, nel campo informatico questa abilità è paragonabile forse a quella di sapere scrivere nella vita quotidiana.
Immaginiamoci per un istante di essere proiettati in un'epoca in cui l'analfabetismo era ampiamente diffuso. Non bisogna andare molto indietro nel tempo in Italia.
Chi non sapeva scrivere poteva affidarsi all'aiuto di qualche persona più dotta per poter scrivere o leggere una lettera.
Naturalmente ci si doveva fidare della correttezza e buona fede di chi giocava il ruolo di interprete.
Mi vengono in mente diverse situazioni, in racconti nei quali la lettera dell'amata veniva tradotta in mala fede da un interprete geloso e segretamente innamorato della scrivente.
L'analogia ha un nesso nei giorni nostri, nel momento in cui ci affidiamo con totale inconsapevolezza e buona fede, all'utilizzo dei software, per qualsiasi cosa appunto.
In una recente epoca culturale a noi più vicina, il problema forse era meno sentito dai più, visto che molte attività rimanevano dominio dei rapporti comunicativi diretti, cartacei in prevalenza.
Mi sembra evidente che oggi e ancora di più nel prossimo futuro, l'utilizzo del software nelle comunicazioni e nelle normali attività umane giocherà un ruolo sempre più prevalente.
Come possiamo pensare allora di affidare la nostra sicurezza, la nostra privacy, la nostra vita nelle mani di strumenti fuori dal nostro controllo, non solo diretto, ma anche fuori dal controllo delle autorità costituite, che dovrebbero proteggere la nostra sicurezza.

Come proteggerci in tempo da tutto ciò ?

CONOSCENDO, è la risposta che mi sono dato.


Rinunciando all'idea malsana e foriera di grandi sventure, di non voler riflettere, conoscere, poter gestire le proprie scelte mediante ragionamenti basati sulla consapevolezza e la conoscenza.


Di conseguenza, la conoscenza informatica, non dovrebbe riguardare esclusivamente l'utilizzo di applicazioni, senza conoscerne l'origine, la struttura, il senso ultimo nel suo utilizzo.
Quindi, sapere cosa contraddistingue un software proprietario, opaco verso il possibile controllo da parte di chi non fa parte dell'organizzazione del produttore, da un software libero o 'open source', trasparente, conoscibile, modificabile da chiunque.
E resistere un pochino alla tentazione di risolvere tutte le necessità quotidiane di trattamento di dati informatici, esclusivamente mediante sistemi già pronti all'uso, spesso poco trasparenti e sopratutto gestite da piattaforme online, esterne al nostro dispositivo informatico.

Saper scrivere qualche linea di codice, anche per risolvere semplici necessità quotidiane, rende possibile manipolare i propri dati in modo diretto, senza intermediari. Proprio come due persone che si scrivono senza l'intervento di un soggetto esterno che faccia da intermediario, complicandoci la vita.

Impariamo ad esempio ad utilizzare tecnologie semplici e già esistenti e diffuse, ad esempio la notazione "markdown", che ci consente di scrivere semplici file di testo e farli tradurre automaticamente in file leggibili, scritti secondo la sintassi HTML, il linguaggio standard delle pagine web. E avere così a disposizione bellissimi scritti impaginati in modo raffinato, senza passare dai word processor. Oppure organizzare i propri dati personali in un banca dati, da gestire in piena autonomia.

Il linguaggio di programmazione python consente tutto questo, ed è utilizzabile sia da un principiante sia da un professionista, nei compiti e nelle situazioni più disparate. Dalla raccolta e organizzazione dei propri dati su file di testo, a utilizzi raffinati come il "machine learning" l'apprendimento automatico dei software, ormai utilizzato spesso, nell'epoca delle applicazioni dell'Intelligenza Artificiale.

Quindi la risposta che do alla domanda iniziale è decisamente un si. Si, è estremamente utile oggi saper scrivere programmi, anche semplici e in piena autonomia. 

Non aver timore di acquisire una competenza che un tempo era riservata solo agli specialisti. 

Oggi non è più così. E' alla portata di tutti. 

Basta non essere pigri.