mercoledì 22 giugno 2011

Tema di Italiano riguardante la rete

TIPOLOGIA D:

"Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per quindici minuti"
Il candidato, prendendo spunto da questa 'previsione' di Andy Warhol, analizzi il valore assegnato alla "fama" (effimera o meno) nella società odierna e rifletta sul concetto di "fama" proposto dall'industria televisiva (Reality e Talent show) o diffuso dai social media (Twitter, Facebook, Youtube, Weblog, ecc).

L'evoluzione della comuncazione televisiva, avvenuta negli ultimi anni, ci ha abituato ad un utilizzo sempre più sfrenato di un modello di 'fama', basata sull'apparire piuttosto che sull'essere'.
Certi spettacoli come i 'reality' show, sebbene introducano come novità, l'apparizione nello scenario televisivo di personaggi della vita comune, magari insieme o in contrapposizione ad attori e star, ne ricalca però fedelmente il modello sociologico.
Si diventa famosi perchè si 'appare', su un mezzo che è basato principalmente sul concetto di 'spettacolo', come preconizzato dal filosofo Pierre Levy in un suo famoso testo dal titolo: intelligenza collettiva.
Il media televisivo utilizza una tipologia di comunicazione di tipo 'broadcasting' ossia da 'uno' il canale meditico a 'molti' i telespettatori.
Il livello di 'audience' alimenta gli introiti pubblicitari, per le aziende che finanziano questa ricca attività infatti gli spettatori non sono altro che potenziali consumatori.
Sotto un'apparente 'democraticità' di questi show, si cela quindi una strategia di marketing che persegue lo scopo di inseguire i gusti del massa del pubblico, per adattare i programmi alle richieste di curiosità e di 'immedesimazione' dei telespettatori.
La fama quindi interviene come effimera ricerca di visibilità, in cui gli spettatori possono identificarsi, seguendo le apparizioni di personaggi noti e meno noti.
Pier Levy aveva chiamato questa evoluzione, società dello 'spettacolo'. Dove anche il canale informativo deve adattare le modalità di presentazione delle informazioni alle esigenze dello spettacolo. Si veda ad esempio la conduzione di programmi di informazione riguardante i grandi fatti di cronaca, in particolare quelli di cronaca nera. Spesso è la realtà stessa ad essere piegata a queste esigenze, non sono rari i casi imbarazzanti di notizie di carattere giudiziario che arrivano ai leggittimi destinatari attraverso il canale televisivo prima di quello giuridicamente ufficiale.
A questa modalità si contrappongono i nuovi mezzi di comunicazione almeno a livello potenziale.
Pierre Levy ha denominato con il termine 'intelligenza collettiva' la possibilità di utilizzo dei mezzi di comunicazione basati su Internet, allo scopo di contribuire in modo attivo attraverso al rete all'informazione e allo sviluppo della conoscenza.
Si tratta quindi di un mezzo di tipo 'molti' a 'molti'. Mediante siti web, blog, social network come Facebook o twitter e molti altri meno noti, si può contribuire sostanzialmente alla produzione di informazione oltre che alla sua fruizione.
Non mancano di certo i problemi, per esempio quello dall' affidabilità e correttezza dell'informazione, ma si psera che sia il mezzo stessa ad autoregolarsi per eliminare il superfluo .
Il concetto di 'fama' in questo contesto è assai differente che nel precedente. Alcuni blog (sorta di diari digitali gestiti spesso da semplici free lancer o persone comuni) hanno avuto una tale diffusione da avere centinaia se non migliaia di vistatori giornalieri.
Il blog di Beppe Grillo e le video interviste del giornalista Marco Travaglio hanno assunto una visibilità inferiore soltatno alla RAi e ai suoi telegiornali, impiegando risorse economiche per la sua gestione infinitamente inferiori.
Almeno in linea teorica quindi il 'successo' di un'iniziativa che utilizzi internet come veicolo di comunicazione, significa emergere attraverso contenuti o innnovazione nel presentarla, rispetto all'immensità di materiale pubblicato ogni giorno sulla rete, che proprio perchè più economica rispetto a media tradizionali, soffre del problema opposto a quello della mancanza di informazione. Non si tratta più di avere difficoltà ad accedere al mezzo, chiunque lo può fare fino a che questa rimmarrà libero, ma di poter distinguire l'informazione che interessa in mezzo ad una molteplicità infinita di materiale e del poterne giudicare validità e correttezza.
Chi diventa 'famoso' in questo contesto, dovrà impiegare non solo grandi energie per garantire la qualità e veridicità dei contenuti pubblicati, ma dovrà esssere 'geneticamente' disposto ad una revisione continua, da parte di chi questa visibilità la può garantire attraverso la 'visita' ai siti web in cui è pubblicata.
Infatti al contrario del media televisivo, su internet è l'utente che va a cercare l'informazione e non viceversa, ossia l'informazione che si presenta ad un utente pigro, il cui unico strumento è il telecomando.
Rimane un ultima considerazione: quando nei media tradizionali si parla di Internet e del suo ruolo su vicende politiche e sociali anche recenti e importanti si può correre il rischio di utilizzare modelli concettuali fuorvianti.
Pensare ad esempio che chi utilizza il mezzo, ossia lo 'popola' sia un insieme omogeneo di persone, per età anagrafica, ceto sociale e inclinazioni politiche ad esempio.
Nulla di più falso e fuorviante, anche quando il mezzo, su questioni specifiche può aver giocato un ruolo importante in alcune vicende, come ad esempio i recenti referendum abrogativi, o sulle rivolte del nord africa.
Non esiste quindi un 'popolo' della rete, o può esistere nello stesso modo in cui esiste un 'popolo' degli utenti telefonici.
Sta di fatto però che ogni mezzo impone il proprio modello e apre delle possibilità nuove.
Per molte realtà queste possibilità sono decisamente più importanti che i possibili pericoli ad esse connesse.
Se tra queste possibilità c'e' anche quella di trasformare il concetto di 'fama', dall'apparire in quella dell'essere, ben vengano i cambiamenti promessi da questa evoluzione.

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