venerdì 28 gennaio 2011

L'uomo della provvidenza

Le recenti vicende giudiziario-mediatiche che coinvolgono la presidenza del consiglio hanno risvegliato in me un sentimento che covava da parecchio tempo.
Sembra che la condanna del nostro paese sia quella di vivere perennemente alla ricerca dell'uomo della provvidenza.
Dal mitico generale Garibaldi relizzatore dell'unità italiana, per passare alla buonanima di "caro Lei quando c'era Lui", e dall'esule di Hammamet per giungere al Cavaliere.
Questa pessima abitudine è la fonte principale di tutti in nostri guai politici, sociali ed economici. Un vizio che perennemente ci accompagna come paese e come storia.
Quello di sperare che qualcuno si occupi della cosa pubblica, del controllo dell'operato di chi ha posizioni di potere, che tuteli i nostri particolari interessi, senza che ci si debba impegnare minimamente in prima persona in tutte queste cose.
Su tutto questo ci si divide, si sbraita e ci si accapiglia in difesa di questo e nell'accusa di quello.
Ci si affida completamente, all'uomo della provvidenza (o ai gruppi suoi antagonisti) 'per evitere il peggio', il nemico, ma mai per realizzare un sogno, prendere nelle proprie mani il destino e le scelte concrete del nostro paese.

Alla fine della  prima 'repubblica' si è persa un'occasione storica: quella di costruire la seconda. Con un bel colpo di spugna, che spazzasse via le vecchie abitudini clientelari, magari non con un perdono generalizzato (che poi è avvenuto lo stesso) ma con la semplice uscita di scena forzata dei vecchi attori.

Un girare pagina seguito da un'assemblea costituente che rifondasse lo stato conservando i vecchi e solidi principi di uguaglianza e libertà, ma rendendo più snelle e trasparenti le regole de gioco. Che creasse le condizioni di una nuova classe politica, giovane e dinamica, in competizione sulle proposte, e sulle capacità di realizzarle.
Cosa si è preferito fare invece ? Schierarsi da una parte e dall'altra, entrando subito nella competizione sostenendo l'uno o  gli altri. Fiduciosi che qualcuno alla fine avrebbe tutelato i nostri particolari interessi.
Al posto di unirci ci siamo divisi. E questo è il risultato.

Il cavaliere non ha governato ininterrottamente in questi anni. Eppure i governi dell'Ulivo non hanno affrontato le questioni strutturali e rilevanti.
Si sono concentrati sulla gestione dei fragili equilibri interni e di potere.
Così alcuni sono saliti sul carro dei vincitori, altri hanno condotto una opposizione quanto mai sospetta e connivente, nessuno si è preoccupato più dei bisogni fondamentali di questo paese.

L'errore è stato e continuerà ad esserlo, pensare che debba essere qualcuno a farlo e non noi semplici cittadini, membri della società civile.
Ma per agire con ordine e senza violenza, occorrono regole condivise, valori comuni, sentimento di nazione unita e solidale.

Affidarsi all'uomo della provvidenza, chiunque esso sia e qualsiasi buon proposito  possa  inizialmente avere è l'inizio della fine.
Verrà sempre il momento in cui gli idoli cadono in disgrazia, gli uomini se ne vanno, le ricchezze e le antiche sicurezza si sgretaolano.
E con esse si dilegua il sottobosco di personaggi pronti a saltare da un carro del vincitore all'altro.
Gli unici uomini della provvidenza a salvarsi da questa fine sono gli eroi, quelli che si tolgono di mezzo spontaneamente per non invischiarsi in questo letamaio che si forma quando dai buoni propositi si passa alla gestione quotidiana dei conflitti. O purtroppo coloro che donano la vita per inseguire un'utopia di giustizia e onestà.

Il generale si ritirò nella sua casa di Caprera ad osservare il mare.
Qualcuno aveva consigliato al Cavaliere di fare altrettanto, in tempi non sospetti, proprio quando decise di scendere in campo.
Ma lui non lo ascoltò. Lui credeva di essere suo amico,  ne lodava l'aiuto e l'indipendenza professionale che gli aveva garantito fino a quel momento, ma ora egli  esigeva il controllo dei suoi mezzi di informazione,  per le bordate quotidiane a difesa del suo proprietario.

Peccato, ci troviamo in una situazione in cui siamo tutti un po' colpevoli, per motivi diversi. E non ci aiuterà di certo scaricare la responsabilità sugli altri.
O indignarci per qualche ragazza che esercita il mestiere più antico del mondo.

Preferisco preoccuparmi per chi non ha più o rischia il posto di lavoro e fare qualcosa per questo. Parlare di costituzione, di cultura e di valori in classe e non nominare nessuno

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