martedì 25 dicembre 2012

Buon Natale

Come un fiore sul ciglio del prato (Natale 2012)
di Mario Rotta

Ha ancora un senso, quest’anno, parlare di come il consumismo ha snaturato i significati del Natale? Sembrerebbe di no: la crisi ha diradato la gente per le strade, le luci dei negozi sono diventate più sobrie, c’è meno ansia, meno lusso (ammesso che un concetto così palesemente inconsistente possa essere rappresentato in termini di maggiore o minore), meno frenesia per gli acquisti. Ma non credo che tutto questo accada perché stiamo cominciando a capire: siamo solo diventati più poveri, e siamo costretti a spendere di meno. Non appena passerà, se passerà, non solo torneremo a comprare regali superflui, ma temo che diventeremo ancora più compulsivi, come se dovessimo compensare in qualche modo le difficoltà di questo momento: il che è umano, se non fosse che gli esperti di marketing e gli strateghi del branding lo sanno già che è così che andranno le cose, e si stanno già muovendo per limitare i danni di questa fase più pacata e predisporci già adesso a ulteriori, future esagerazioni.
Non ci credete? Provate a guardarvi intorno con un po’ di attenzione. Ogni giorno, ad ogni ora, in ogni momento, c’è qualcuno o qualcosa che cerca di trasformare questa occasione in cui – per ragioni contingenti – potremmo riuscire a ritrovare tutta la purezza che avevamo smarrito, in una cantilena stonata di consigli per acquisti sempre più inutili. Come se le uniche cose che contano fossero quelle che si possono rinchiudere in un pacchetto o, peggio ancora, quelle che ci spingono a indebitarci ancora, per non si sa quanto tempo, per “possedere” servizi di cui non abbiamo chiesto di usufruire e che comprendono una quantità di opzioni dieci volte superiore a ciò che, al limite, potrebbe servirci davvero. Ormai è questa la frontiera dello shopping: non più gli oggetti in sé (spesso inutili anche quelli, ma se non altro tangibili, concreti), ma elementi  inconsistenti di una specie di stile di vita che qualcuno (ma chi? Dove? Quando? Perché?) ha deciso che, in un modo o nell’altro, deve diventare il nostro parametro di riferimento. A queste entità senza volto che cercano di dirci come dovremmo essere e che cosa dovremmo fare non importa se siamo umani, se proviamo sentimenti, se abbiamo emozioni, se usiamo l’intelligenza, se apprezziamo la cultura, se amiamo la bellezza, se cerchiamo di ragionare, se siamo capaci di pensare. Anzi, questo insieme di capacità e di pulsioni che rende ognuno di noi realmente vivo è considerato estremamente pericoloso. Non dobbiamo ragionare, a meno che per ragionare non ci si riferisca al parlare (ma di che cosa?) usando l’ultimo modello di smartphone, magari per 300 minuti verso tutti (ma chi?); non dobbiamo essere intelligenti, a meno che questo non consista nello sforzo di scegliere un film o una serie TV tra tutte quelle comprese nel pacchetto premium che si cerca di proporre come idea regalo alternativa; non dobbiamo emozionarci, a meno che questo non significhi acquistare un costoso profumo per fingere di somigliare per un attimo, se sei una donna, a una dark lady accaldata, ambigua e ritoccata che frequenta solo palazzi sfavillanti e si veste come una puttana d’alto bordo, se sei un uomo a un giovanotto dalle mascelle pronunciate e i pettorali da palestra che ha l’aria di chi non ha mai avuto bisogno di lavorare in vita sua e si veste in modo da ostentare il fatto che, comunque sia, ha un sacco di soldi ed è abituato a cene eleganti.
Ecco a cosa ha ridotto il Natale 2012 l’immaginario pubblicitario: i giocattoli non ci sono quasi più (resiste solo qualche videogioco dove muoiono tutti), si intravede ancora, giusto per amor di patria, qualche panettone e qualche pandoro (ma tutti gli altri dolci delle feste della nostra straordinaria tradizione locale dove sono finiti?); per il resto sembra che della vita quotidiana facciano parte solo TV, telefonini più o meno “intelligenti” (ovvero apparentemente in grado di fare ciò che noi poveri stupidi evidentemente non sappiamo fare da soli) e profumi che si pronunciano come a New York o a Parigi, da utilizzare goccia dopo goccia come il surrogato di un’apparenza di ricchezza ormai talmente aleatoria da durare solo tra una sera e una doccia. Se questo è lo stile di vita a cui dovremmo ispirarci, lo trovo spaventoso: la vera fine del mondo è davvero quella che stiamo vivendo, direbbe Joseph Roth. E mi chiedo come mai, nei confronti di questa colossale e colpevole mistificazione della realtà, non sia ancora esplosa una rabbia cieca, incontrollabile, capace di muovere folle di gente contro le fortezze in cui i responsabili di questo continuo sprofondare nel nulla dovranno pur nascondersi, quanto meno per contare i profitti che ne ricavano. Invece non succede niente, prevale l’assuefazione, o forse la rassegnazione, e temo che sia così dappertutto, non soltanto in Italia, magari con qualche leggera differenza laddove la crisi si fa sentire meno, l’offerta commerciale è più variegata e ci si può illudere di poter essere un po’ più spensierati.
Ma non è questo il problema. Non si tratta più di discutere su cosa sia diventato il Natale e su come, invece, potrebbe o dovrebbe essere. Quello che dovremmo fare è capire che tutti i giorni è Natale, e tutti i giorni, se solo sapessimo guardare, se solo riuscissimo a sentire, potremmo cogliere il valore dei piccoli miracoli che ci accadono. La festa, nella sua sostanza più profonda, è la memoria di una gioia: per non disperderne i significati bisogna coltivare la memoria, esplorando un percorso che sotto molti aspetti è l’esatto contrario di quella corsa verso il baratro che la commercializzazione dell’inconsistenza che stiamo vivendo cerca di proporci come esempio. Non so se a scuola si legge ancora Catullo. Forse sì, in qualche classe probabilmente sì, nella maggior parte dei casi penso di no. Ma in Catullo ci sono delle parole che trovo perfette per esprimere questo paradigma rovesciato: nec meum respectet, ut ante, amorem, qui illius culpa cecidit velut prati ultimi flos, praetereunte postquam tactus aratro est. L’amore non è effimero, è fragile. Come un fiore sul ciglio del prato. Ma è proprio per questo che possiamo portarlo con noi. Ogni volta che ci ricorderemo di come quel fiore è stato reciso, e comprenderemo che quella fragilità era solo apparente, e che non c’è colpa, non c’è cambiamento che possa scalfire la sostanza di ciò che ha rappresentato.
Quest’anno, ogni anno, ogni giorno, provate a regalare a chi amate l’immagine di quel fiore sul ciglio del prato. Provate a regalare la visione di un’impronta nella neve, e tutte le storie che si possono immaginare partendo da quella traccia così instabile. Provate a trasformare in dono tutto ciò che per i vostri occhi è una gioia, perché diventi memoria, festa. Provate a regalare a un bambino un racconto che si sviluppa partendo da uno sguardo, o da un oggetto trovato lungo un torrente, o in un cassetto in cui era stato dimenticato finora: vedrete la meraviglia sciogliersi nei suoi occhi, e capirete che nessun giocattolo alla moda riuscirebbe a fare altrettanto. Provate ad ascoltare gli odori delle spezie e a ritrovarli in un bicchiere di vino, o sulla pelle di chi amate. Provate a commuovervi senza vergogna ascoltando la musica che riesce a portarvi più lontano, e a farvi sentire più vicini. Provate a cercare gli angeli nelle gocce di bellezza che popolano il mondo (senza che i media vecchi e nuovi se ne accorgano). Provate prima di tutto a sentirvi come quel fiore.
Dimentichiamo troppo spesso che il dono più bello è la sensibilità. Non ci rendiamo più conto che non è il denaro che ci appaga: sono le emozioni sincere, come scriveva già una grande poetessa italiana, l’unica cosa di cui abbiamo davvero bisogno. I momenti più preziosi che portiamo con noi, se ci pensiamo bene, non sono quasi mai legati a nulla di materiale e meno che mai all’emulazione di stili di vita imposti dal bisogno di identificarsi con un modello omologato. I momenti più preziosi sono quelli che diventano festa, e tutte quelle feste che ci aiutano a ricordarcene e ci permettono di condividere con gli altri le emozioni che abbiamo saputo prima costruire, e poi ritrovare.
Buone feste a tutti!

martedì 6 novembre 2012

Etica professionale come antidoto alla crisi dei valori

In questi primi giorni di attività dello studio Athena, mi sono imbattuto nei primi contatti diretti con persone che non ci conoscevano personalmente ma che hanno sentito parlare di noi tramite il passaparola degli amici.
Nello spiegare di cosa ci occupiamo e soprattutto di come intendiamo farlo, noto una sorta di compiacimento e insieme incredulità.
La prima sensazione nasce dal fatto che si tratta di un'attività orientata a risolvere problemi spesso gravi e delicati nati dall'esser stati vittima di un sinistro o di aver subito un danno.
Chi si trova in difficoltà è ovvio che sia naturalmente attratto da tutto ciò che si prospetta come una strada che porta verso una possibile soluzione.
Nulla potrà ridarci la serenità o cancellare del tutto le sofferenze patite. Ma sapere di poter alleviare il dolore, ottenendo il giusto risarcimento per i danni subiti è qualcosa che va al di là della mera necessità di rimborso economico.
Nei casi di negligenze mediche, è soprattutto il desiderio di vedere riconosciuti i propri diritti, senza per questo sentirsi dalla parte del torto per due volte. Quando si è subito un danno senza ovviamente poterne rendersene pienamente conto e la seconda volta quando si tenta di far rilevare i fatti per quello che sono realmente.
Chi si affida nelle mani di una struttura sanitaria o a dei medici, ripone in essi tutta la propria fiducia e speranza. Nessuno vuole colpevolizzare chi per giuramento sacro, ha votato la propria vita professionale alla difesa di quella degli altri , ne impedire che nello svolgimento del proprio lavoro possano con serenità e correttezza assumersi i rischi necessari a combattere efficacemente quelli che sono i mali del secolo, le minacce reali e concrete alla salute delle persone. Secondo Scienza e Coscienza come recita quell'antico giuramento.
Purtroppo però gli errori accadono e non parlo delle conseguenze imprescindibili derivanti dall'aver fatto comunque tutto il possibile per difendere il diritto alla salute e alla felicità delle persone.
Parlo degli errori derivanti da negligenze della struttura, dell'organizzazione, dai tagli dissennati alle spese, dell'imperizia a volte o dalla negligenza derivante da aver perso quelli che sono gli obiettivi più puri dell'agire umano.
Dall'essersi fatti fuorviare dalle superficialità e dalla cupidigia alimentata dal clima culturale imperante. O dall'essersi semplicemente fidati troppo di finte certezze che hanno cancellato le necessarie prudenze dell'agire.
Quando purtroppo ci imbattiamo nel ruolo di vittime in situazioni come queste, le sicurezza ostentate da chi ci doveva proteggere, si trasformano improvvisamente da fonte di rassicurazione a dolorose sensazioni di tradimento.
Se questo è il clima in cui ci si trova è necessario ricostruire un rapporto di assoluta fiducia con chi si propone di tutelarci.
Fiducia nella ricerca della verità e della responsabilità. Senza nessun sentimento di rivalsa o di vendetta. Ci sono le polizze assicurative per coprire gli errori commessi in qualunque professione.
E' il desiderio di verità e giustizia che deve prevalere. Per questo abbiamo deciso di chiamare il nostro Studio e il gruppo di persone che ci lavorano con il nome di una dea greca.
Riconquistare la fiducia del cliente, per evitare che soffra una volta di più. Nel rivivere il dolore del danno subito con una seconda è più subdola sofferenza.
Quella di doversi difendere ancora. Dall'essere trattato come un numero e un caso fra tanti. Diventare una pratica burocratica.
Vogliamo invece che la tutela di cui si ha sacrosanto diritto diventi un nostro problema. Poterci lavorare con passione e con senso di unicità per ogni caso, sentimento dettato dai valori umani che vi sono coinvolti e non solo dai dati strettamente economici.
Non a caso questo tipo di danni vengono definiti dalla legge come 'danni non patrimoniali'.
La loro valutazione e quantificazione, la loro natura di risarcimento parziale di una sofferenza subita, necessitano di un'azione individuale e professionale.
Siamo perfettamente coscienti che qualunque risarcimento non restituirà mai al danneggiato o nei casi più gravi ai suoi familiari la felicità perduta, ma non vogliamo che per questo tutto si trasformi in una ulteriore offesa alla dignità umana. 


martedì 23 ottobre 2012

Conoscere o essere ?

Più volte mi sono interrogato sulla natura della conoscenza. Per la mia attività di insegnamento, mi sembra una questione importante sulla quale vale sempre la pena riflettere.
Una domanda tutt'altro che accademica o filosofica, che tocca invece la mia attività quotidiana in classe e in laboratorio con i ragazzi.
In un recente colloquio con due di loro, mi sono soffermato sulle possibili cause della loro svogliatezza.
Un senso di noia perenne sembra a volte caratterizzarne l'atteggiamento .
Forse è solo superficialità dettata dalla scarsa considerazione verso ciò che gli viene offerto, nella scuola e fuori.
Apprendere non sembra per loro una questione importante, ma solo l'occasione di superare con meno sforzo possibile gli ostacoli che l'istituzione scolastica ed educativa sembra perennemente impegnata ad erigere sulla loro strada.
La conoscenza in effetti si forma in una prima fase, in qualunque campo del sapere, come assimilazione di nozioni, informazioni e qualche volta abilità in settori ben delimitati e circoscritti.
Ma lo scopo ultimo dell'apprendimento non è certo quello di imbottirsi la testa di nozioni esclusivamente per finalità immediate o utilitaristiche.
La differenza sostanziale sta quindi forse negli obiettivi che si prefigge chi apprende. Non avere obiettivi, o meglio non averne di propri e consapevoli, o semplicemente ridurre questi obiettivi a risultati immediati e circoscritti non consente di trasformare le nozioni apprese in conoscenza e quest'ultima in competenza.
Termine spesso abusato quest'ultimo nei dibattiti ufficiali e informali sull'educazione.
Personalmente cerco sempre di dare un significato ai termini che uso, che si avvicini il più possibile alla mia esperienza quotidiana.
Per me competenza significa 'essere', non 'sapere'. Condizione necessaria per essere è anche sapere. Ma non è sicuramente condizione sufficiente.
Un esempio è osservare il comportamento di un esperto al lavoro. Non si tratta semplicemente di applicare ad ogni problema trattato una ricetta preconfezionata. Nella maggior parte dei casi questa ricetta semplicemente non esiste.
In questo contesto l'immaginazione e la creatività è decisamente più importante della conoscenza.
Questa è limitata, e per sua natura finita. L'immaginazione sembra non avere confini ed essere caratterizzata proprio dal fatto di essere in grado di superare se stessa.
Ma contrariamente a quanto si crede, non si tratta di una dote completamente innata. E soprattutto non può fornire frutti senza sforzo continuo e metodo rigoroso.
E' questo continua tendenza a porsi degli obiettivi perseguibili, scelti liberamente seguendo le proprie passioni e i propri istinti, che ci consente di crescere.
'Essere' significa quindi diventare 'altro', superare i propri confini e quindi diventare capace di superare gli ostacoli che incontreremo.
I problemi secondo questa prospettiva diventano 'opportunità', le conoscenze si trasformano abbandonando le etichette sotto le quali erano state catalogate.
Si è allora pronti per spiccare il volo e non c'e' più posto per la noia.

domenica 22 luglio 2012

Nuove attività nuova vita

La natura della conoscenza è difficile da descrivere ma forse abbastanza semplice da capire se facciamo riferimento alle nostre esperienze di vita.
Apprendere significa far tesoro delle esperienze ma anche fare in modo che queste esperienze accadano, cercando sempre di cavalcare gli eventi favorevoli che la vita ci dispensa spesso insieme a quelli più faticosi e a volte dolorosi.
Dopo la fine della scuola, mi sono gettato a capofitto in una nuova avventura, che mi consentirà spero il disvelarsi di nuovi mondi davanti a me.
L'attività di 'Patrocinatore Stragiudiziale' verso cui mi sto preparando con impegno ha certamente una forte vocazione giuridica, ma anche tecnica nei riguardi dei contesti in cui opera: incidenti stradali, infortuni, negligenze mediche e così via. In ogni caso si tratta di un'attività a tutela delle persone che hanno subito un danno spesso traumatico e si trovano magari in una posizione di debolezza fisica, psicologica ed economica.
Il risarcimento dei danni da parte delle Compagnie Assicurative non è sempre un percorso lienare e semplice e in molti casi  necessita dell'assistenza e consulenza di veri esperti di questo settore.
Ho avuto la fortuna di incontrarne di veramente bravi e disponibili a farmi da maestri e così ho deciso di aprire uno studio professionale in questo campo.
Lo abbiamo chiamato Athena in onore della Dea Greca (chiamata dai Romani Minerva) l'indirizzo del sito web è: www.studioathena.biz
Nella nostra realtà la conoscenza di questa particolare figura profesisonale non è molto diffusa.
Vi è sempre bisogno quindi di informazione e soprattutto di conoscenza per poter vivere meglio ed essere in grado di aiutare gli altri.
Abbiamo quindi in cantiere il progetto di attivarci in attività di prevenzione soprattutto  e informazione in questo campo che ci coinvolge tutti purtroppo.
E' sempre molto eccitante non solo imparare ma condividere con quante più persone possibile i propri percorsi, le proprie emozioni e i nostri principi che dovrebbero ispirare sempre coerentemente tutte le nostre scelte.

giovedì 21 giugno 2012

Esami di Stato 2012


La nuova procedura di consegna delle tracce ha fatto il suo debutto con notevole successo. La connessione di rete a scuola non funzionava, ma prontamente è scattato il piano z. Dalla finestra spalancata per il caldo sono arrivati direttamente da Roma dei piccioni viaggiatori con i codici di decodifica delle tracce d'esame.
All'istituto agrario i poveri animali sono stati prontamente rifocillati, mentre all'alberghiero sembra che abbiano fatto una brutta fine.

Prova di Italiano

Uscire dalla crisi seguendo l'esempio e le parole di Steve Jobs “stay foolish stay hungry”.
In quanto a fame non c'e' problema. Per la pazzia ci stiamo arrivando a ricoprire l'intero territorio nazionale con la nostra lunga tradizione di fuori di testa.
Sembra però che qui da noi questa ricetta non stia dando i frutti sperati: al posto di una grande start up a forma di mela, vanno moltiplicandosi un casino di nespole acerbe.
Il nocciolo della questione sta tutto li, nella nespola: succo niente.

Seconda prova: Economia Aziendale

Truccare un bilancio di una spa o a scelta distogliere i fondi di rimborsi elettorali di un partito che non esiste più.
In ogni caso nonostante gli sforzi, risulta più verosimile un bilancio redatto dal più somaro degli studenti che uno revisionato dalla Goldman e Sachs.
C'è una errata corrige, da applicarsi all'ultima frase della traccia: “dati mancanti opportunamente scelti” sostituire con: “soldi mancanti opportunamente distribuiti”
Il candidato illustri la relazione esitente fra “perdita d'esercizio” e “obesità manifesta” negli amministratori di aziende pubbliche.
Presenti un rendiconto dettagliato dei flussi di tangenti a partiti politici, e un esempio di offerta ai membri della commissione che devono correggere le prove.
Presentare le registrazioni contabili fasulle e i riflessi operativi applicati dagli strozzini verso le aziende che si rifiutano di pagare.
Presentare la nota integrativa alla previsione di spesa per il progetto di una tangenziale evidenziando nel prospetto di almeno venti colonne gli aumenti imprevisti rispetto al preventivo.
Scrivere con inchiostro simpatico le cifre da consegnare ai propri referenti.
Indicare la risposta corretta alle seguenti domande fra quelle proposte:

La crisi economica è tutta colpa di:

A- quella culona della Merkel
B- del Trota che ha dissipato l'intero bilancio dello stato in ripetizioni di albanese
C- di Berlusconi che ha consumato tutte le riseve nazionali di Viagra impedendo così lo sviluppo del paese.
D- di bamboccioni come te che non hanno voglia di far un cazzo

Si esce dalla crisi:

A- adottando al posto dell'euro le “palanche padane”
B- fondando un nuovo soggetto politico chiamato movimento cinque stalle e riempiendolo di somari
C- sbattendosene allegramente le palle e continuando a rubare come si è sempre fatto
D- usando i soldi del monopoli come proposto da Berlusconi
E- svolgendo il tema di italiano dell'esame di stato su twitter
F- vincendo gli europei di calcio

martedì 12 giugno 2012

Dalai Lama ha detto

Oggi ho utilizzato delle citazioni tratte da un articolo apparso su un quotidiano del Dalai Lama per offrire ai miei studenti maturandi (ma non dice più così visto che l'esame è di Stato e non più di maturità sigh) qualche spunto di riflessione.
O forse per confondergli le idee


Essere aperti all’amicizia
Non è forse possibile che gli individui che ci circondano non siano tanto nostri amici, quanto amici dei nostri soldi, del nostro status o del nostro bell’aspetto? Persone che sembrano avere molti amici potrebbero sentirsi isolate. Vorrei ricordare a chiunque provi qualcosa del genere che il solo antidoto a una tale solitudine è una disposizione mentale caratterizzata dall’affetto, dalla sollecitudine e dalla gentilezza amorevole nei confronti di tutti gli altri esseri umani.
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Commento mio: il concetto di amiciza in Facebook è probabilmente un po' differente non vi pare ?. Non è detto che certi temi relativi all'evoluzione dell'informatica odierna non possano essere affrontati anche in chiave critica.
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L’arte della meditazione
Mi dedico a due esercizi di addestramento mentale: la meditazionerazionale, analitica, e la meditazione di assorbimento. Poiché viviamo in un’epoca in cui possiamo fare una infinità di cose semplicemente premendo un tasto, molti si aspettano che nell’ambito dell’addestramento mentale gli effetti siano immediati, che la trasformazione interiore si possa cioè ottenere limitandosi ad applicare la formula giusta o a recitare il mantra più adeguato. In realtà, non è così: l’addestramento mentale richiede tempo e sforzo.

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Commento:
Quest'altro pezzo mi ricorda per analogia il processo di acquisizione della conoscenza o in parole più semplici l'apprendimento.
Nulla può essere ottenuto in modo rapido e senza fatica, se cerchiamo qualcosa che cambi il nostro modo di pensare e di essere. Il fatto quindi che possiamo attraverso le reti e i grandi archivi elettronici accumulare grandi quantità di informazione non significa che sia semplcie e rapido trasformare questa informazione in consoscenza.
Pe riflettere sulla differenza fra informazione e conoscenza potrebbe essere utile rileggere ciò che vi ho scritto su Moodle all'inizio dell'argomento database.
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Cooperazione e ottimismo
Gli esseri umani sono già riusciti molte volte a superare gli ostacoli che si sono trovati di fronte. Nel corso della nostra evoluzione abbiamo attraversato con successo varie fasi. Ciò rappresenta una testimonianza della nostra capacità di adattarci e delle grandi risorse sociali e morali di cui siamo dotati. Il nostro successo in quanto specie è stato reso possibile dalla nostra attitudine a cooperare, cui abbiamo saputo attingere soprattutto quando erano a rischio i nostri interessi più vitali.

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Commento:
la cooperazione è un'altro tema molto interessante e trasversale che potrebbe essere rilevante in un discorso riguardante le attuali reti informatiche, il loro so e la loro evoluzione
Il termine cooperazione potrebbe essere considerato l'opposto della competizione
Quest'ultimo è preso come unico e reale stimolo all'economia di mercato classica secondo le visioni liberiste.
Riflettendo sul fenomeno dell'Open Source e sui meccanismi finanziari alla base dei recenti sviluppi di aziende hi tech su Internet (come per sempio Facebook) vediamo che in epoca moderna non possiamo ignorare il termine cooperazione visto che proprio su questo si basa il successo di detarminate imprese o progetti. Nel caso dei Social Network il prodotto o servizio dell'impresa è prodotta dagli stessi utenti che cooperano anche se secondo modalità del tutto nuove.
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La visione olistica
Se vogliamo che la comprensione del mondo in cui viviamo sia realistica, il discernimento è un fattore essenziale. In questo contesto, l’idea chiave che dobbiamo capire appieno è quella dell’interdipendenza. Pensiamo all’interdipendenza della finanza o dell’economia mondiale, o dell’umanità stessa nell’era della globalizzazione, o ancora a quella del mondo naturale, che i biologi descrivono in termini di «catena alimentare» e «simbiosi» tra i diversi organismi viventi.

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Qui si tocca un'altro punto importante che non si può evitare sempre parlando dell'evoluzione delle reti di comunicazione informatiche.
Il fattore interdipendenza di cui parla è sempre più esaltato dall'innovazione nelle comunciazioni. Ma probabilmente il nostro modo di pensare di tipo occidentale è poco allenato al pensiero 'olistico' ossia che considera un problema nella sua interezza, lo analizza in tutti i suoi aspetti non isolandolo dal contesto reale in cui nasce,
La scienza e la tecnica spesso sono progredite proprio scomponendo e analizzando i diversi fattori e isolandoli dal proprio ambiente. Ma questo metodo in situazioni complesse fornisce scarsi risultati se non nulli.
Quindi la sola tecnica anche raffinata, non sempre può affrontare e risolvere problemi senza utilizzare o considerare il fattore umano che è invece alla base di tutto.

giovedì 31 maggio 2012

Qualcuno ricorda questa notizia :
Roma. La parata militare del 2 giugno, quest'anno, non si svolgerà. Lo ha comunicato il ministro della difesa Forlani, con una nota ufficiale. La decisione è stata presa a seguito della grave sciagura del Friuli e per far si che i militari e i mezzi di stanza al nord siano utilizzati per aiutare i terremotati anziché per sfilare a via dei Fori imperiali.

NOTIZIA DELL'11 MAGGIO 1976

mercoledì 23 maggio 2012

sono in inglese prof !

Ma va ? :-) Non fate come gli struzzi per favore, non nascondete ai vostri occhi la complessità del mondo. Qui non siamo rinchiusi in un'aula grigia e spoglia, con qualcuno che dalla cattedra vi osserva e vi giudica. L'esercizio non è una finzione ad uso e consumo dei bravi scolari, ma una realtà degna di monelli che sono pronti a volare. Migratori in un paesaggio senza confini chiamato cultura.

Risposta ad un commento di una studentessa, riguardo alla proposta di visione di un video didattico

venerdì 27 aprile 2012

Novità e conferme

L'apprendimento è un alternarsi di novità e conferme. Nulla può essere veramente compreso se non si integra con le nostre esperienze più intime, la nostra visione del mondo, il nostro sentire, ciò che sappiamo di sapere e ciò che non sappiamo di sapere. Rimanere però legati esclusivamente a ciò che crediamo illudendoci di saper ascoltare gli altri, senza il coraggio di dubitare e di aprirci al mondo non ci permetterà mai di raccogliere i frutti dei nostri sforzi vitali, la necessità ineludibile di plasmare noi stessi per inseguire i sogni. Ben venga quindi il lampo della novità, ciò che ci coglie di sorpresa, che mette in crisi una visione statica e stereotipata del nostro piccolo mondo. Ciò che ci coglie impreparati, che sembra troppo difficile da capire e che in prima battuta sembra non appartenerci o non riguardarci. Ma prima che il lampo svanisca la sua energia è già entrata in noi, un'immagine latente è pronta a svilupparsi. La folgorazione ci illude, e richiede come tutti i lampi successive e costanti ripetizioni. L'attenzione, la memoria, l'applicazione richiede rinforzi continui ottenuti ripetendo gesti virtuosi senza annoiarsi mai. Provando e riprovando gli stessi schemi, fino a quando non saranno parte di noi e saremo pronti ad affrontare le nuove sfide, nel temporale carico di saette, nelle giornate di pioggia come in quelle di sole in attesa di nuove sorprese.
Ecco cosa può scaturire da una discussione aperta tra persone curiose e da una successiva riflessione. Una mappa concettuale. Potrebbe essere uno schema eccessivamente pretenzioso, ma esprime bene ciò che mi è passato per la mente mentre il mio carissimo amico parlava e io scarabocchiavo alla lavagna con i pennarelli colorati. La LIM aveva deciso proprio allora di non funzionare. Poco prima di lasciarci una parola che illumina tutto, chi come noi è "immigrato" digitale ha una grande responsabilità nei confronti della formazione dei "nativi digitali" e del loro rapporto con la tecnologia. L'insegnante formatore è quindi un personaggio di frontiera, che attinge dalla cultura di cui è portavoce per ragioni anagrafiche e di esperienze ma non ne è depositario esclusivo. Che cerca di trasmettere modelli e forme mentis, attingendo dai modelli scientifici e culturali del passato, capaci di riproiettarci nel mondo delle idee Platonico, attraverso la matematica, la logica o la poesia. Che deve fare i conti anch'esso con una realtà sociale e fisica che ci condiziona e plasma, ma che si trova per la prima volta ad avere un alleato/nemico in grado di mediare: la tecnologia. Possiamo interagire con essa e stabilire un rapporto con chi si sta formando, ma possiamo anche rimanerne intrappolati noi stessi.

martedì 3 aprile 2012

sale

Sale di riflessione.
Sale di speranza
Sale della vita
Nel pensiero si nasconde il desiderio di azione, la consapevolezza che possiamo ma non dobbiamo, che tutto è numero ma che i numeri cercano le parole per disvelare i loro segreti.
Viviano di modelli ma non usiamo i modelli per capire meglio.
Viviamo di istinto ma non crediamo all'istinto, sottostimiano la razionalita non credendo nell'intelligenza.
Siamo animali che non rispettano a sufficienza gli animali.

giovedì 22 marzo 2012

Astrazione contro concretezza

Perchè l'astratto è più concreto del concreto ?
Ho dissertato un po' di tempo fa su questo blog sul fatto che ho l'impressione che la società moderna sia molto più orientata all'astratto che al concreto, nonostante la tendenza al consumismo che non sembra subire interruzioni.
Perchè ? E in che senso le cose astratte sono più concrete di quelle materiali e solidamente presenti nella nostra percezione ?
Perchè un tavolo su cui possiamo solidamente appoggiare degli oggetti dovrebbe essere più concreto di un sogno o di un desiderio ?
L'errore forse è confondere le cause con gli effetti.
Quel tavolo non ha alcun senso ne avrebbe esistenza se non connesso con il suo ambiente e con la sua storia.
Non sarebbe li, ne ci starebbe a lungo integro, se non esistessero relazioni in equilibrio dinamico che rendono possibile percepirlo e utilizzarlo.
Non sarebbe li se qualcuno non lo avesse immaginato, disegnato e poi prodotto. Se qualcuno non avesse creduto fino in fondo al proprio lavoro di venditore.
Se la coppia che ne condivide il possesso e l'utilizzo non avesse dei legami che ne impediscano la distruzione dopo un litigio, la sua sostituzione per un desiderio di rinnovamento dei mobili di casa magari indotto da una sapiente campagna marketing vista in tv.
Cause forse troppo elusive o complesse per essere identificate con certezza ed evidenza, ma sicuramente non così fantasiose e poco realistiche.
Sicuramente molto 'astratte'.
Allora la risposta è: sono le idee che fanno si che le cose accadano.
Quando osserviamo gli effetti ce ne innamoriamo dimenticandoci della loro storia, credendo che siano li da sempre o perché qualcuno necessariamente farà in modo che cose come quelle siano sempre disponibili.
Ma non è come aspettarsi che ogni mattina il sole nasca e tramonti come il giorno prima.
Questo spettacolo esisteva già quando specie come la nostra si sono affacciate al palcoscenico per ammirare la rappresentazione.
Ciò che possiamo "concretamente" produrre è far in modo che questa consapevolezza cessi, distruggendo pian piano il nostro pianeta e con esso le creature che ci vivono sopra compresa la nostra specie.
E' sufficiente attendere, non darsi molta pena per chi decide di trivellare alla ricerca di nuovi pozzi in Sardegna infischiandosene della sopravvivenza dei fenicotteri.
Stare con i piedi per terra e non riempirsi la testa di idee astratte. Tipo quella che conti qualcosa esprimere idee o farle circolare.
Che conti qualcosa allenare la mente per saperle far nascere.
Ci sarà sempre qualcuno che le crea per noi e ce le vende. No ? Magari nei testi scolastici o sui cd rom.
O qualche organizzazione che salvi il pianeta al posto nostro.

venerdì 16 marzo 2012

Apprendimento liquido e flip class

Recentemente riflettevo sulle particolarità e sulle difficoltà incontrate nell'utilizzo degli strumenti interattivi e multimediali nella mia attività di insegnante.
Si tratta evidentemente non tanto di difficoltà di tipo tecnologico, visto che insegno Informatica e sperimento ormai da diverso tempo con entusiasmo, ma anche prudenza, tutti gli strumenti che mi sembrano offrire qualche possibilità in più.
Alcune volte ho l'impressione che gli sforzi impiegati nel riempire di contenuto le "scatole vuote" messe a disposizione dagli strumenti sortiscano l'effetto contrario a quello sperato.
Il materiale accuratamente pensato e revisionato, al momento della presentazione durante una lezione frontale o più frequentemente nell'attività laboratoriale, viene presto consumato più che utilizzato e non resta al momento dell'incontro tra insegnante e studenti che passare oltre rapidamente allo scopo di mantenere vivo il dialogo se si ha avuto la fortuna e la pazienza di renderlo possibile.
Negli ultimi anni ho spesso incontrato un termine a proposito del design dei siti web che forse può aiutare ad avere qualche idea nuova: "liquido"
Un design "liquido" è un'impostazione grafica che si adatta dinamicamente a possibili differenti caratteristiche degli schermi di computer, con i quali è visionato. Oppure a impostazioni differenti scelte da ciascun utente che ne fa uso.
Per ottenere queste caratteristiche occorre che alcune scelte come le dimensioni della pagina, dei caratteri e così via siano fissati in modo non assoluto, ma proporzionale a pochi valori di riferimento.
Per analogia potremmo pensare di utilizzare lo stesso termine in senso più generale per designare un approccio alla lezione, che si possa adattare al momento contingente dell'incontro con gli allievi, senza aver fissato in modo rigido le modalità con cui i contenuti saranno trasmessi.
Per raggiungere l'obiettivo, il materiale preparatorio della lezione dovrebbe assumere una forma "smaterializzata", ma potersi "materializzare" all'occorrenza in qualsiasi istante se ne senta la necessità.
E' evidente che una semplice sequenza di diapositive per quanto curata, non è in grado di assolvere a questo compito.
Un tentativo originale di superare questi ostacoli è rappresentato dalle mappe concettuali (cmap ad esempio) e da strumenti di presentazione su web come Prezi (www.prezi.com)
Ma al di la degli strumenti che possono aiutare in questo sforzo, occorre probabilmente acquisire nuove modalità di intervento e nuovi approcci al problema.
Uno di questi particolarmente originale è quello di ribaltare completamente l'ordine delle cose: partire dalla fine per ritornare al principio.
Si potrebbe ad esempio preparare un'esperienza didattica che consiste nella produzione di un'animazione, un prodotto multimediale o ipertestuale, che parta proprio da applicazioni finali particolarmente accattivanti e invitare la classe ad un percorso che le consenta di riproporre quella esperienza magari in modo personale.
Poche le nozioni da utilizzare durante la lezione, al loro posto esempi e riferimenti ai materiali e a risorse utili e che possano essere reperiti in modo autonomo dagli studenti.
Gli obiettivi della proposta didattica invece esposti in modo chiaro ed esplicito mediante esempi funzionanti preaprati appositamente.
Il momento dell'incontro in presenza verrà quindi utilizzato per ri-effettuare un percorso didattico insieme: allievi e insegnante, con un "patto" implicito: che l'acquisizione degli elementi di conoscenza necessari per il 'viaggio' siano acquisiti autonomamente mediante un lavoro individuale, tra un incontro e l'altro, avvalendosi di video o altro materiale multimediale.
Questa idea viene chiamata 'flip class' ovvero ribaltamento della consuetudine scolastica tradizionale consistente nello spiegare in classe e assegnare degli esercizi da svolgere a casa.
Se invece durante l'impegno domestico la presenza dell'insegnante fosse sostituita da un video, si potrebbe sfruttare il momento dell'incontro in presenza per svolgere dei compiti e portare a termine dei progetti, potendo contare su una assistenza qualificata e orientata al problema.
Mi sembra un'idea interessante da tenere in debita considerazione.

giovedì 2 febbraio 2012

Curriculum

Scrivere un curriculum (da "Vista con granello di sabbia")

Che cos'e' necessario?
E' necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si e' vissuto
e' bene che il curriculum sia breve.
E' d'obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di piu' chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all'estero.
L'appartenenza a un che, ma senza perche'.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l'orecchio in vista.
E' la sua forma che conta, non cio' che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Wislawa Szymborska

venerdì 20 gennaio 2012

Doveri e poteri

In questi giorni si fa un gran parlare della tragedia dell'isola del Giglio.
Il naufragio rappresenta da sempre una paura quasi ancestrale, da quando l'uomo naviga, affrontando il mare, ne subisce il fascino e il terrore.
Non ho nessuna intenzione di affrontare il tema che tiene così impegnati giornalisti e autorità.
Amo il mare e soprattutto rimango sempre incantato dalle metafore che riesce a evocare.
Questa volta mi spinge a riflettere sui motivi profondi che mi fanno amare il mio lavoro di insegnante.
Spingersi con passione e fatica nella direzione del miglioramento culturale di altri è come lanciare una fune di salvataggio in un mare burrascoso.
Non ti può fermare di certo la fatica o il dolore, quando vedi qualcuno che non riesce ad afferrare la fune.
Speri che chi non vedi più se la possa essere cavata in altro modo, possa essere felice lo stesso. Non vuoi mai perdere questa speranza.
Ti arrabbi e imprechi, alcune volte, mai poi ricominci a lanciare. Pensi a coloro che si sono avvicinati e hanno bisogno di cure. Non pensi ad altro.
Sai che tutto ciò che puoi dare non lo avevi prima di averci provato. Lo hai conquistato nuotando.

Abitudini

Apprendere è come acquisire delle buone abitudini.
Ad esempio abbiamo imparato a respirare da quando siamo venuti al mondo. Ci sembra così naturale e semplice almeno fino a che non abbiamo la sfortuna di incontrare qualche problema di salute.
Se invece abbiamo avuto il piacere di imparare a nuotare, forse qualche problema lo abbiamo incontrato anche prima.
Respirare nell'acqua mentre si nuota è cosa profondamente diversa che respirare sulla terra ferma mentre si cammina.
Lo sa bene chi come me prima di acquisire nuove abitudini, si faceva venire il fiatone dopo tre bracciate.
Si tratta quindi di comprendere che ogni ambiente, impone le proprie condizioni e non sempre abitudini che funzionano benissimo in un contesto si adattano a situazioni differenti.
Così chi desidera imparare a nuotare deve adattarsi ad un diverso modo di respirare, che si adatti alle mutate condizioni.
Una volta ottenuta la giusta coordinazione fra movimenti e respiro potremo godere delle nuove capacità, muoverci con naturalezza anche nel mondo acquatico.
Non dovremo più nemmeno pensarci, e di certo non smetteremo di respirare correttamente sulla terra ferma.
L'apprendimento in poche parole è questo. Adattarsi a contesti differenti, acquisendo nuove abitudini, senza rinunciare a nulla di quelle che già possediamo.
Perché aver timore del nuovo allora ? Perché avere paura di cambiare ?.
Ci paralizza forse la paura di perdere ciò che abbiamo ? Ciò che si abbandona è ciò che ci ha ostacolato, non di certo ciò che ci tiene in vita come il respiro.
Sono le cattive abitudini che non se ne vogliono andare, ammantano di paura ciò che invece non dovrebbe spaventarci, ci fanno credere di essere inamovibili. Lo sono però soltanto fino a che riescono a nascondere una semplice verità.
Ciò che abbiamo considerato importante per noi fino a questo momento forse non lo era poi così tanto. Basta un respiro profondo, aria pulita nei polmoni e un po' di tempo per riflettere.
Se qualcuno vi ha fatto credere che si tratta soltanto di studiare un manuale e continuare ad essere come si è sempre stati, vi ha mentito.
Il manuale è come il salvagente, ti tiene a galla per un po', ma non ti insegna a nuotare.

giovedì 19 gennaio 2012

Folle

Viviamo in un mondo affollato di parole.
Chi ha fatto voto di vastitá, può cavarsela con le aringhe. Di questi tempi é un pesce economico e con quelle puoi benissimo arringare.
Ma se ti devi accontentare del singolare perchè il plurale maiestatis fugge allora rimani solo con il folle.
Se tenti di lasciarlo solo con la tua automobile abbi cura che la strada non sia in discesa. Potrebbe essere pericoloso lasciarla in folle.
Un po' di sesso sotto la macchina potrebbe evitare il peggio, bloccate le ruote la macchina non cammina.
Ma come potrebbe, non ha mica le gambe.
Dopo che ha arringato, dal balcone il folle si fa un bagno di folla. Perché puzza un po' il fiato a mangiare aringhe.
Lavati i denti e usa il filo intermentale.
Butto giú due appunti, sul moto dei gravi. Poi mi chiedo ma se sono gravi, perché vanno in moto ?
Se poi il folle diventa fallo si torna sotto la macchina.
Cosa accomuna tutte queste cose, la folla, il folle, il fallo ?
Se sei solo e cadi in fallo sei folle, ma se siete in tanti siete una folla. Se ad esempio sei un colonnello e chiedi ad una donna se gradisce la tua compagnia, non presentargli tutta la caserma.
Se invece sei un agitatore di molle, significa che non lo stai facendo sotto una macchina, ma comodamente su un materasso.
Allora sei un folletto.

giovedì 12 gennaio 2012

Interrogazione orale di Informatica

Un recente dialogo con una studentessa in difficoltà con svariate materie mi ha stimolato una riflessione: viviamo in una società che rispetto al passato è più concreta o più astratta ?
Preciso meglio: oggi sembra prevalere nell'immaginario collettivo e nella percezione di molti, l'idea di un periodo, nonostante la crisi economica in atto, sempre più proiettato verso il consumo di prodotti, l'attenzione agli oggetti, al possedere piuttosto che all'essere e così via.
Rispetto al passato valori culturali o etici, l'amore per l'arte o la passione per il sapere, la curiosità fine a se stessa, sembrano reliquie appannaggio di pochi visionari e nella stragrande maggioranza dei casi lusso per pochi.
Gran bei discorsi che tali rimangono appunto, confinati nei salotti, nel lavoro come nel divertimento ciò che si cerca è qualcosa da possedere, toccare o vivere per un momento, un divertimento fisico o corporeo ma soprattutto nulla di astratto o che richieda immaginazione, fantasia o preparazione per poter essere consumato.
E' la società dello spettacolo e ludica che ha preso il posto di quella industriale, da miracolo economico anni 60. Orientata alla concretezza degli oggetti da possedere o dagli “status symbol” da esibire.
Ma è proprio così ?
Se la si pensa diversamente allora significa appartenere ad una ristretta cerchia di artisti visionari o forse ipocriti mentitori ? (o peggio da irriducibili comunisti)
La riflessione prende spunto da alcune parole pronunciate dalla studentessa nel momento in cui le ho chiesto di parlare, se voleva, delle origini delle sue difficoltà.
La prima risposta è stata l'osservazione dei voti scarsi che ottiene nelle prove rispetto a quelli della sua compagna di banco, cosa che la porta a demorallizzarsi.
Ecco: il voto è l'obiettivo concreto da raggiungere. Il resto non è così importante, o almeno poco influenzabile dai discorsi con cui potevo replicare.
Invece visto che era appena terminata l'interrogazione orale, le ho risposto: lo vuoi un nove sul libretto ? (le avevo da poco comunicato il voto: 6 e mezzo) Parlo seriamente.
Mi guarda con occhi un po' stralunati e un po' furbeschi. No, risponde.
Perché, replico io ?
Perché non lo merito !?
Ohibò, non voleva diventare una predica sui meriti o sulla correttezza, la mia provocazione. Continuo.
Semplicemente le chiedo, quali sono i nostri veri obiettivi, i nostri più intimi desideri, ciò che desideriamo davvero raggiungere ?
Ciò che ci viene suggerito dalla pubblicità o dalla tv o ciò che crediamo davvero importante ?
Un oggetto si può acquistare, magari con un certo sforzo economico e forse ci renderà felici, ma solo per un po'.
Un traguardo che cerchiamo di raggiungere, ci renderà felici per sempre.
La nostra epoca e la nostra società non è più concreta di un tempo ma al contrario più astratta. I valori che contano, sono la competenza, la flessibilità, la capacità di pensare in modo sistemico e sostenibile. Rispettando l'ambiente e i vincoli imposti dalla natura non solo dagli altri uomini, o dai paesi emergenti.
La nostra è un'epoca di sfide, ci serve determinazione, fantasia, conoscenza e capacità di realizzare idee visionarie e innovative.
La formazione è un percorso, un viaggio, magari duro e faticoso a volte, ma anche stimolante e divertente. E' lo sforzo di costruire dentro di noi dei valori astratti ma più potenti di qualsiasi oggetto materiale.
Ogni miglioramento anche piccolo in questa direzione, sarà inalienabile, un nove su un libretto poco meritato sparirà presto dalla memoria, l'inadeguatezza a fronteggiare situazioni o opportunità per mancanza di competenza sarà qualcosa che rimarrà e si farà sentire pesantemente nel futuro.
L'energia potenziale costituita invece dai nostri traguardi e dai nostri successi, piccoli o grandi, riconosciuti ufficialmente da qualcuno o strettamente intimi e privati, rimarranno per sempre cambiando il nostro atteggiamento verso il mondo e i problemi, migliorando al capacità e il desiderio di acquisirne altri, rendendo la nostra vita più felice e rilassata.
Ciò che ci ha fatto crescere in definitiva non è nulla di concreto, è un sogno che abbiamo covato, un'immagine astratta scaturita dai nostri pensieri, mentre affrontavamo un problema, portavamo avanti il nostro lavoro con diligenza, ascoltavamo e osservavamo gli altri per carpirne qualche segreto. I nostri maestri spesso sono i nostri allievi e viceversa.
Mentre accarezzo queste idee, immagino il mondo di domani, colmo di sorprese, alcune piacevoli e altre meno carine, nel quale quasi di sicuro troveranno posto confortevole coloro che sanno accettare le sfide, che sanno adattarsi alle situazioni nuove, che sanno creare apparentemente dal nulla soluzioni e strategie appropriate.
Sono i maghi del nuovo millennio, prestigiatori del conscio e dell'inconscio, coloro che comprendono e assimilano velocemente nuove modalità, nuove lingue e nuove culture.
Ci avviamo verso una società astratta, ma che farà delle idee una fonte di energia potenziale inesauribile a basso costo e a basso impatto ambientale.
Studia e impegnati per realizzare il sogno le dico. Non pensare al voto.