giovedì 11 giugno 2020

Esame dopo la pandemia

Questo sarà un esame speciale.
Senza gli scritti, duranti i  quali si potevano immaginare situazioni paradossali, grottesche e ironiche.
Dopo una didattica a distanza, scoperta all'ultimo istante, dopo aver snobbato l'aiuto che la tecnologia informatica poteva offrirci già da diverso tempo.
Si diventa subito esperti dell'imprevedibile, che coglie di sorpresa tutti, soprattutto chi ha dedicato una intera vita a studiare queste cose.
Ma bastono pochi minuti a ondate di persone, per esprimere giudizi, critiche, pareri.
Cancellando di fatto l'imprevedibilità che è insita nelle cose.
Gli esperti veri che vengono criticati per non aver fornito certezze. Paghiamo l'arretratezza culturale nel campo scientifico prima di tutto.
Tutto e subito, senza sforzo di riflessione critica e soprattutto autocritica.
Nessun autentico tentativo di dare una svolta sostanziale al modo di percepire la realtà e la non realtà che ci circonda.
Ci aspetta un esame che si ripete come un mantra, dal carattere interdisciplinare.
Ma nessuno ci dice cosa significhi in concreto questo termine. Abbiamo abituato così tanto i nostri studenti ad una metodica lontana anni luce dalla interdisciplinarità, qualunque cosa significhi questo termine, ed ora si pretende che si mettano improvvisamente a pensare, piuttosto che studiare.
Raccogliendo in una mirabile sintesi, tutto ciò che hanno studiato, visto, provato in questi anni.
Purtroppo temo che tutto si ridurrà a ricercare degli appigli, per poter parlare di  pochi argomenti, saltando fra una materia e l'altra ed evitando domande impreviste.
Quali riflessioni mi aspetto da tutto ciò ?
Mi chiedo sempre, perché non dobbiamo chiamare le cose con il loro vero nome ?
Si cerca di trincerarsi dietro i veli del linguaggio per due motivi: supportare un ragionamento profondo, che richiede nuovi termini e nuovi linguaggi, per esprimere le novità. O al contrario nascondersi dietro le parole per celare il vuoto che alberga dentro di noi.
La paura, la noia. L'abitudine ad immergerci nei dettagli per rispettare le consegne, ma senza mai cercare di capire il senso globale delle cose, senza porsi troppe domande e soprattutto senza mai cercare vie nuove, osare mettere in discussione il presente, immaginarsi scenari futuri.
E' questo che dovrebbero offrirci i giovani, gli studenti che stiamo per giudicare.
Li abbiamo plasmati, quando andava bene, con ottimi materiali didattici, spiegazioni puntuali e chiare, ma forse non abbiamo provato a infondere in loro il coraggio di pensare con la propria testa, in modo costruttivo, la capacità di esprimersi, di incuriosirsi, di comprendere nel profondo cosa significhi 'incertezza'.
Questa esperienza di 'didattica distanziata' mi ha permesso di provare a sfondare questo muro senza riuscirci. Ho ascoltato lo stesso silenzio che percepivo in presenza. Ma certamente non a causa dei limiti del mezzo tecnologico.
L'unica riflessione che mi viene in mente ora, è quella di cercare di non avere paura dell'imprevisto. Ci siamo abituati a voler pianificare tutto, prevedere tutto, e vedere sistematicamente disattese le nostre aspettative. L'alternativa è un diverso approccio all'apprendimento, alla cultura, al piacere che da queste cose deriva.
Non chiediamoci più 'a cosa serve ?'
Se vale, serve. Non possiamo sapere a cosa e quando.
Non lo sapevano gli antichi filosofi greci, ma hanno saputo creare una culla, della quale beneficiamo a tutt'oggi. Ma sembra solo nei laboratori di ricercatori sottopagati.
Smettiamo di fare i bambini capricciosi, e guardiamoci negli occhi mentre parliamo. Dal vivo o attraverso una telecamera, non importa.
Lo sguardo è lo specchio dell'anima, della curiosità, dell'amore verso se stessi e verso il prossimo. Della solidarietà, in particolare in un momento difficile come questo.
Desidero sperare che i colloqui che fra poco sanciranno il termine di un percorso scolastico, possano volare liberi come rondini, toccando il cuore della propria esperienza, nel soffermarsi su quelle isole previste dal tour ministeriale.
Good Luck  5BLS