La recente lettura del libro : La "manomissione delle parole" di Gianrico Carofiglio ha risvegliato in me antiche riflessioni e pensieri.
La 'scoperta' dell'importanza del corretto uso del linguaggio nei miei ricordi è sopraggiunta quando frequentavo le scuole medie.
Quel giorno un dovere sentito in modo pressante si è trasforamto in un piacere da perseguire per sempre. Rilfettere sulle parole, cercare di utilizzarle sempre al meglio, immergersi nel linguaggio in ogni occasione, non soltanto in quelle ufficiali e sociali.
La padronanza del linguaggio ci fà sentire meno soli.
Non si tratta di esibire raffinatezza o eleganza nello scrivere, allo scopo magari di stupire il lettore o ammaliarlo. Si tratta di una ricerca di senso all'interno si se stessi, che solo la padronanza della prorpia lingua madre ci può consentire.
E' come se le parole plasmassero il pensiero, e ciò è abbastanza naturale, ma la conseguenza è ben più sorprendente di quello che sembra.
Il nostro personalissimo modo di vedere il mondo, di percepire le cose, ma anche gli esseri viventi che ci circondano, il modo di ammirare e di amare, sono legati strettamente alle parole che usiamo per descriverli.
E se ciò che osserviamo è il mondo, lo è insieme ai nostri sogni e desideri, alla volontà che ci spinge ogni istante a vivere, allora la domanda che spesso mi ponevo, se possiamo solamente con il pensiero modificare la realtà diventa senza senso.
Lo facciamo continuamente in un verso o in un altro. Quando ci esprimiamo, condividendo e opponendoci, occupando spazio e trasemttendo fiducia, E quando riceviamo inaspettatamente o costantemente energia e forza da chi ci sta vicino.
Se sono le parole che possono modificare la nostra percezione delle cose, sono loro che possono trasformare i dolori in sfide, la fatica in impegno, la sofferenza in virtù.
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