In mezzo a tutto questo frastuono, in realtà viviamo in un'epoca di silenzio.
E' Il rumore di chi parla per coprire la parola altrui, per affermare con prepotenza una visione del mondo semplice e pervasiva, senza ascoltare nessun'altra voce, nemmeno la propria.
La fretta di affermare e di dimenticare, l'assenza di ogni briciola di coerenza, totale offuscamento di progettualità.
Non resta che ascoltare le voci sommesse che corrono sul filo delle idee senza padrone, senza un apparente scopo pratico immediato.
Proprio per questo attrezzate per andare lontano.
Sono le parole che non hanno tempo, che non hanno nemici da abbattere o altre idee da confutare.
Che cercano un incontro, per volare insieme. Un abbraccio per suonare una melodia, un problema da affrontare a mente aperta.
Mancano forse i luoghi dove trovare ristoro dalla fatica del viaggio, aree protette dove poter rinascere.
Un'opera d'arte vive degli sguardi dei suoi ammiratori, Si nutre della parola di chi la cerca, così come la pianta che insegue i raggi del sole.
Un luogo dove non è possibile ascoltare i cinguettii degli uccelli è deserto. Il vociare dagli imbonitori riempie di sabbia gli spazi erbosi, convince le greggi ad imbarbarirsi, a inseguire il sogno di un consumismo non più sostenibile, fatto di prodotti sempre più noiosi.
Si cerca di guadagnare solo per sopravvivere o per circondarci di superfluo, riacquistare ciò che avevamo in abbondanza, ammantarci di ciò che ci può rendere visibili ma solo per un istante, senza accorgerci che ci stiamo guardando in uno specchio sempre più deformato.
E ci vediamo belli, in questo deserto di cemento.
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