Si può.
di Giulio Falco
In questo periodo di profonda e interminabile
crisi economica, sembra prevalere lo sconforto e la rassegnazione
piuttosto che la fiducia nel lavoro e del vivere civile. Se si
affronta la questione partendo da dei concetti fondamentali forse
però, le cose non sono poi così complesse e imprevedibili come
sembra.
Partiamo da un assioma fondamentale, non sarà più
possibile per il futuro che ci aspetta ignorare completamente la
questione ambientale. Questa riflessione mi ha portato a tracciare
una mappa concettuale, per mettere un po' d'ordine ai pensieri che si
affollano e si disperdono a volte, su questioni che solo
all'apparenza sono diverse.
In un testo molto bello, anche se impegnativo,
Gregory Bateson parla di ecologia della mente1.
Insieme all' idea più semplice da afferrare ossia l'ecologia
applicata al mondo che ci circonda, è il concetto fondamentale da
cui non si può più prescindere.
Il termine sostenibilità, aveva a che fare con il
fatto di non lasciare ai nostri figli o nipoti un mondo invivibile,
sfruttato fino all'osso per soddisfare i bisogni consumistici
sfrenati tipici delle società occidentali opulente e potenti. Questo
fino a ieri.
Oggi è palese che la bolla è scoppiata proprio
qui adesso, davanti a noi. E non si tratta poi di pensare ai nostri
figli come sarebbe doveroso, ma difficile per qualcuno, ma garantire
anche a noi stessi una sopravvivenza adeguata e dignitosa.
Senza la globalizzazione si poteva senza troppi
rimorsi, andare a sporcare il paese di qualcun altro, sfruttare le
risorse o esportare la pace armata. Colonizzare gli incivili con la
nostra supposta cultura.
Dovrebbe essere ormai evidente anche ai più miopi
e distratti che questo sistema non può più funzionare. I nuovi
paesi emergenti, non aspettano altro che invertire la tendenza, non
preoccupandosi troppo dei fardelli e costi della così detta
democrazia.
Se si desidera giocare la partita su questo piano,
i paesi occidentali hanno già perso ancora prima di iniziare. Ma
tutto fa credere che questa sia la strategia delle classi dominanti
in occidente, o almeno in alcuni paesi europei.
Cosa c'entra in tutto questo il termine 'autopoiesi'
?
La parola è stata coniata dagli scienziati cileni
Maturana e Varela, nello studio delle caratteristiche essenziali
della vita.2
Significa essenzialmente autocontrollo o meglio auto
produzione delle proprie componenti.
Generalizzato all'attuale situazione economica,
significa forse la necessità della riscoperta dell'autarchia ?
Ovviamente no, in quella forma come è stata conosciuta in passato
sarebbe un suicidio.
Il dilemma o apparente paradosso è che da un lato
si propugna l'austerità, i tagli dei consumi, la 'spending review',
e in effetti con la carenza di liquidità e il livello di imposizione
fiscale tutto ciò è diventata una scelta obbligata. E dall'altro si
auspica la crescita economica, che significa dare lavoro ad altri,
investendo, consumando, acquistando prodotti e servizi.
Impossibile. Mi pare evidente anche senza lauree
in economia, mantenendo il sistema economico politico attuale, e lo
stile di vita e di pensiero correnti.
Se non vogliamo che le cose si aggiustino da sole,
in modo autopoietico, con qualche bella guerra o rivoluzione
violenta, dobbiamo cambiare stile e strategia.
Il controllo delle proprie componenti è la base
della vita. Significa che non solo dovremmo poter controllare le
componenti che maggiormente influenzano la nostra vita, quella di
tutti i giorni, delle persone che lavorano, amano, si spostano e
creano.
Fare in modo che producano non scorie o
sfruttamento di altri mondi, che siano luoghi o persone, ma stimoli
per innestare circoli virtuosi.
Ho così preso in considerazione oltre alle
istituzioni altre tre componenti: il cibo, la cultura e il software.
Perché il cibo ?
Risposta: sappiamo ciò che mangiamo ? Potremmo
riconvertire in orti, gli spazi che abbiamo dissennatamente
cementificato ? Abolire quelle filiere che amplificano a dismisura i
prezzi dei prodotti agricoli, portando sulle nostre tavole frutta che
appare acerba che poi improvvisamente marcisce ?
Possiamo risparmiare sui costi relativi alla
salute con una prevenzione basata sull'alimentazione ?
Qualcuno potrebbe obiettare che il discorso è
utopistico e un po' populista, forse in stile un po' Grillesco e
pentastellato.
Può darsi, ma rimanendo con i piedi per terrra,
non credo che iniziare a coltivarsi un orto, e consumare prodotti di
provenienza autoctona e della stagione corrente, possa mettere in
serio pericolo i posti di lavoro delle cassiere dei supermercati.
Almeno nel breve periodo.
Il problema sicuramente è culturale e di sistema.
Si potrebbe sintetizzare nella necessità di conoscere come stanno le
cose, senza particolari studi fantascientifici, ma solo con un bel
po' di trasparenza nella condivisione delle varie iniziative in
questa direzione.
Già, un tema assai delicato la trasparenza. E qui
casca l'asino direbbe qualcuno. (non è lo stesso qualcuno che prima
mi dava del Grillino)
Può sembrare strano, ma sapere cosa gira nei
nostri computer oggi è quasi altrettanto importante che sapere cosa
si mangia. E ancora più difficile da determinare.
Il codice eseguibile del software che fa
funzionare i nostri computer, telefonini, tablet, che controlla la
nostra salute o ci fionda nelle comunità dei social network, è di
gran lunga più indecifrabile, delle etichette dei prodotti
alimentari, specialmente se è tenuto nascosto con tutti i mezzi
possibili, tecnici e legali.
Se non bastano questi due mezzi, si fa ricorso al
'carico da novanta': l'ignoranza e l'indifferenza.
Nessuno dei grandi produttori di queste meraviglie
tecnologiche che allietano la nostra vita digitale, farà molta
pubblicità o vi spiegherà che cosa è il 'software libero'. L'open
source o la vera etimologia e storia del movimento 'hacker'.
La maggior parte delle persone sarà portata a
credere che si tratti dei pirati informatici e correrà a comprare un
antivirus.
Bene, cioè male. Si ritorna al concetto di
trasparenza, utilizzare software prodotto da comunità di utenti, o
produttori illuminati, che distribuiscono il codice sorgente del
software, ossia la sua matrice originale, permettendo a chiunque di
analizzarlo e modificarlo è un concetto che si lega perfettamente
alla logica del discorso che stavamo facendo.
Per risolvere il dilemma apparentemente
insormontabile fra diminuzione dei consumo e crescita, occorre
osservare la cosa da un altro punto di vista, sbarazzandosi dei costi
nascosti, imposti dalle strutture di controllo centralizzate che ci
sovrastano.
Consumo consapevole ? Informato ? Diretto fra
utente e utente, fra produttore e consumatore. Tra chi si muove per
un mondo migliore e chi può fornirgli le idee le soluzioni per
sostenerlo ?
Mi viene in mente un solo termine per dire tutto
questo. Cultura.
Se abbiamo paura della cultura è veramente
finita. Per tutti.
Se non ci sbarazziamo di chi vuole distruggerla,
anche. Non è difficile scoprire di chi si tratta.
Si sono mostrati da soli.
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1
Verso un'ecologia della mente
by Gregory Bateson
Paperback, 604 pages
Published April 5th 2000 by Adelphi (first
published 1972)
ISBN 8845915352 (ISBN13: 9788845915352)
2
Autopoiesi E Cognizione: La Realizzazione Del Vivente
by Humberto R Maturana
Published 1985 by Marsilio editori
ISBN 8831747789 (ISBN13: 9788831747783)
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