venerdì 22 luglio 2011

Motocicletta Rossa

Oggi era una giornata di sole ma non eccessivamente calda, quasi primaverile oserei dire.
Il tempo ideale per utilizzare la motocicletta, dopo una giornata particolarmente dura dal punto di vista emotivo, portati a termine gli impegni prioritari.
L'ultimo della giornata era costituito da un bel taglio di capelli, per affrontare l'estate con più leggerezza.
Quale miglior luogo una poltrona per rilassarsi un po' mentre forbici esperte sferruzzano sulla tua testa.
Mani sicure e allo stesso tempo delicate, come quelle di una donna. Perché è da diverso tempo che il mio 'barbiere' di fiducia non è più Nino, andato in pensione, ma Alessandra, titolare di un negozio carino "Tres Jolie" che attirò la prima volta la mia attenzione con la scritta in vetrina: "unisex".
Uno dei vantaggi di farsi tagliare i capelli da una donna, è che si evitano i tipici discorsi da barbiere. Quelli che non ho mai saputo fare visto che non sono tifoso di calcio, e della politica non amo le semplificazioni.
Oggi più che un colloquio è stato un monologo, ma evidentemente deve essere importante anche saper ascoltare e non solo interloquire, se chi lo pratica, non viene assalito primo o poi dal dubbio di stare rompendo i "maroni".
In ogni caso le parole scorrevano, e il senso del discorso era la riflessione sullo stile di vita assurdo che nella società moderna ci autocostringiamo a vivere, fra gli stress del lavoro, del divertimento più o meno forzato, ma soprattutto sulla mancanza di stimoli intelligenti e naturali, di cui avremmo tanto bisogno.
La mente si rilassa e i ricordi di tante letture riaffiorano.
"Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta" è uno di questi. Robert Piersig mi sembra si chiami l'autore.
Un testo che sicuramente ha avuto molta influenza sul mio modo di vedere il mondo.
La motocicletta rossa fiammante parcheggiata fuori dal negozio è lì a rappresentarlo. Nonostante l'età del modello 1991, un mezzo che sembra appena uscito dal negozio.
Alcuni oggetti assumono dei valori simbolici, testimonianze dell'influenza del pensiero puro sulla vita concreta.
In realtà merito dello scarso utilizzo più che di cura maniacale da parte mia. Ma non è questo l'aspetto importante, se consideriamo l'oggetto che sto descrivendo come una metafora, e apparentemente questo ero lo scopo profondo del libro, in verità il mezzo è in grado di mettersi in moto realmente, portarmi ad assaggiare dolcemente il vento, assaporare il tepore simil primaverile di questa bella giornata di luglio.
Ciò che accade però assume un significato per me legato ad un pensiero molto più potente del vento o della pioggia sferzante o del profumo dell'erba, quando si passa vicino ad un prato.
Come è possibile cambiare se stessi e il mondo che ci circonda, se non troviamo il momento per riflettere su noi stessi, sugli altri o semplicemente su ciò che possiamo toccare, non soltanto con le dita delle nostre mani.
Il testo affronta ad un certo punto una riflessione, un 'esperimento mentale' degno del miglior scienziato-filosofo. Cosa sarebbe accaduto nella nostra storia e nell'evoluzione della nostra civiltà, se dalla culla dei Greci antichi, fosse prevalsa una filosofia diversa da quella Aristotelica, cosa sarebbe della nostra civiltà moderna e occidentale se le influenze di Platone avessero avuto maggiore impatto sugli eventi.
Un mondo magari meno tecnologico, ma maggiormente rispettoso dell'ambiente della natura e della vita.
La motocicletta simboleggia il mezzo tecnologico, che non ti evita di bagnarti quando piove. Che non ti protegge dal vento, anzi gli va incontro.
La motocicletta non è un compromesso, non è propriamente un mezzo ecologico, non compete con la bicicletta. E' la dimostrazione di voler assumere gli impegni che questa scelta comporta, nel volere utilizzare lo strumento per ciò per cui è stato progettato e costruito. Una scelta di vita, consapevole dei propri desideri e dei propri limiti. Forse ciò che manca oggi.
Mentre assaporo dolcemente il vento, rivedo nella memoria i bolidi da corsa sfrecciare a duecento all'ora. Cavalcati da centauri bardati come moderni palombari pronti per la competizione.
Cilindrate e pesi assurdi, da sfoggiare davanti agli amici.
Nulla rimane dell'immagine idilliaca che mi ero fatto durante la lettura di quel capolavoro, terminato mentre seduto sulla cima di un duna, nel deserto della Tunisia (no, non era un FIAT) mi domandavo se mai avrei imparato a guidare un motocicletta.
Pochi mesi dopo, quell'oggetto supertecnologico, diventava parte della mia vita. Soprattutto della mia mente più che del mio sedere.
Ancora ne fa parte, ridimensionato nella mia percezione e nei miei timori, rispettato e non più temuto come uno strumento che ti proietta fra gli uomini. Quelli magari meno pazienti, o semplicemente desiderosi di adrenalina, coloro che prediligono l'asfalto e i lunghi rettilinei alle visioni bucoliche dei prati.
Alle brezze primaverili. Ai sogni.
I sogni non sono 'bisogni'. Non avrei alcun bisogno di gran parte delle cose che mi appartengono. Della maggior parte di loro potrei tranquillamente liberarmene.
Ma non ci si può liberare dei sogni e dei desideri. Ne gli uni ne gli altri si acquistano con il denaro o si possono rivendere.
Gli uni servono ad alimentare gli altri. Perdere la capacità di immaginare, di sognare significa perdere il desiderio e con esso l'essenza della vita.
L'essenza della vita è un idea. E' lei che ti porta in giro.

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