mercoledì 23 febbraio 2011

Loschi figuri

Guardiamoci allo specchio.
Forse le ultime vicende che coinvolgono la presidenza del consiglio hanno infastidito molte persone. Magari fra coloro che in passato lo hanno sostenuto o votato o forse no.
Ma prima di esprimere un'opinione diretta mi piacerebbe osservarmi allo specchio. Anche se appartengo a quelli che non lo ha mai votato.
Quanto assomiglio ai miei connazionali, con i loro limiti e i loro vizi ?
Se una mattina tutti noi italiani, ci svegliassimo e ci guardassimo allo specchio forse potrebbe accadere il miracolo.
Il Cavaliere tornerebbe a fare il suo mestiere ma con lui molti mestiranti che un mestiere non ce l'hanno.
Potrebbe tornare a essere un uomo come tutti gli altri, con le sue velleità confinate nei giardini di casa sua.
E chi non ha un mestiere trovare l'occasione di procurarsene uno, piuttosto che ammorbarci con lezioni sul vivere civile di cui non abbiamo bisogno.
Non mi fanno paura i loschi figuri che vedo in parlamento. Il fatto che siano lo specchio di ciò che sta fuori.

martedì 22 febbraio 2011

Testardaggine
Un testo fuori  di testa testò il testo della testa. Testè il motorino non partí. Un pre testo. Testimone gli disse. Allora si intestò il test di un testamento, così il tasto partì tosto.
Datemi un toast. Per la mia testuggine

In pista!
Un pasto con molta pasta e pesto disse un pastore doveva essere pastorizzato.
Allora il pastone fu pestato ma non impastato.
Quella peste del pastaio disse allora pasta. Non c'e piu' posto. 

lunedì 21 febbraio 2011

Salvare il mondo

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

J.L.Borges

sabato 19 febbraio 2011

Onesta' che piacere !

Oggi sembra sempre piu' prevalere un comportamento che vuole superare antichi valori. Quelli descritti da diversi punti di vista legati all'etica, a sentimenti religiosi o sociali, o semplicemente eredita' di buone pratiche familiari, tramandate da generazioni, con esempi o talvolta saggi discorsi.
Tutto ciò accomunato da un'apparente rinuncia al piacere immediato, alla gloria, alla ricchezza e alla felicita' facili, ottenuti senza fatica e in modo rapido.
Tutto ciò appare come vecchio e conservatore in contrasto con una visione moderna della vita che si appoggia su una visione pragmatica, che si libera di fardelli inutili, pronta ad affrontate le nuove sfide e le nuove opportunita' in modo efficace e diretto.
Nell'evoluzione della vita, il nuovo è sempre coinciso con nuove condizioni climatiche e ambientali, con la necessita di nuovi adattamenti, di nuove sfide e nuovi metodi per vincerle.
Rimanere ancorati strettamente e in modo rigido ai vecchi schemi e valori ha sempre significato sconfitta.
Ma e' anche vero che mai nella storia della vita e dell'umanità il nuovo ha assunto il significato di facilita' di azione, assenza di fatica, di fantasia o di rischio. Se mai il contrario.
Ora sembra prevalere la falsa concezione che chi predica il ritorno a valori che rifiutano l'ottenimento di corsie facili e preferenziali alla felicita rappresenti il vecchio. E che viceversa, vivere senza fardelli, pensieri, sforzi, evitando investimenti sul futuro senza contropartite immediate, sia il nuovo.
Guardiamoci bene da questo imbroglio, da questa truffa.
Non si e' mai costruito nulla senza fatica e quando e' accaduto e' perche' e' stato possibile sfruttare il lavoro di altri individui. Ma al prezzo di violenze, oppressioni e guerre. Ottenute anch'esse a prezzo di grandi sforzi e tragedie.
Non e' quindi importante per chi si affaccia al nuovo  accettare necessariamente antichi valori. Ma e' fondamentale pero' sapersi conquistare nel proprio piccolo, un posto nell'eternita'. A prezzo sempre di grande impegno e perseveranza.
E visto che distruggere, esportare violenza e oppressione non solo e' molto impegnativo, ma non produce alla lunga nessun beneficio, nemmeno verso chi ne ha inizialmente approfittato, non ci resta che una sola alternativa possibile.
Svegliarci prima di tutto, abbandonando la menzogna.
Quella che afferma che è molto piu' facile raggiungere la felicita' senza fatica, abbandonando qualunque sforzo o riflessione riguardo al bene comune.
E' l'intelligenza, individuale e collettiva che sola potrà salvare il nostro futuro e il nostro pianeta da noi stessi.

mercoledì 9 febbraio 2011

Una questione di metodo: il lavoro collaborativo

CONDIVISIONE

La propensione a concedere libero accesso ai propri contributi

COORDINAMENTO

rispetto di convenzioni e regole condivise nello svolgimento della propria attività
=

COOPERAZIONE

attività svolta in funzione del raggiungimento di obiettivi comuni.

Nelle ultime mie lezioni, ma soprattutto nei piú recenti interventi sul codice di una esercitazione collaborativa con gli studenti, ho cercato di riassumere in modo essenziale un preciso punto di vista.
E' possibile superare una modalità di lavoro rigida, innefficiente e poco stimolante in favore di un metodo che favorisca invece oltre che la produttività anche il piacere di lavorare insieme ?
Forse la tecnologia ci può essere d'aiuto, ma solo se sapremo assumere un diverso atteggiamento personale nelle nostre abitudini quotidiane.
Così come a livello individuale, l'ordine eccessivo può diventare maniacalità e uccidere ogni fonte di creatività anche a livello collettivo può accadere la stessa cosa.
Allora la questione non e' scegliere tra ordine e disordine, tra pianificazione e improvvisazione, ma sfruttare al massimo tutti questi fattori. Come ?
Semplicemente fissando i propri obiettivi in modo piu preciso possibile, ma senza considerarli immutabili.
E soprattutto contribuendo in prima persona a formarli o a modificarli. Senza mai subirli passivamente.
Abituarsi ad accettare i contributi degli altri, i differenti punti di vista, ma utilizzandoli per rafforzare il proprio.
Catturare al volo le proprie idee, quando nascono e metterle subito a disposizione della propria comunità perché rinvigoriscano.
Conciliare infine l'ordine, con la prospettiva, ossia la capacità di cambiamento in un ottica di miglioramento continui.
Che sia questa la cosa che il filosofo fracese Pierre Levy ha chiamato "intelligenza collettiva" ?

venerdì 4 febbraio 2011

Apologia di un matematico

L'utile inutilità
GODFREY H. HARDY
"Apologia di un matematico"

È innegabile che una buona parte della matematica elementare (…) ha una considerevole utilità pratica. Questa parte della matematica in complesso è piuttosto noiosa ed è proprio quella che ha minore valore estetico.
La “vera” matematica dei “veri” matematici, quella di Fermat, di Eulero, di Gauss, di Abel e di Riemann, è quasi totalmente “inutile”.
Non è possibile giustificare la vita di nessun vero matematico professionista sulla base dell’utilità del suo lavoro.

(…) Non ho mai fatto niente di “utile”.
Nessuna mia scoperta ha aggiunto qualcosa, né verosimilmente aggiungerà qualcosa, direttamente o indirettamente, nel bene e nel male, alle attrattive del mondo.
Giudicato secondo tutti i parametri pratici, il valore della mia vita matematica è nullo; e al di fuori della matematica è assolutamente insignificante.
La sola difesa della mia vita (…) è dunque questa: ho aggiunto qualcosa al sapere e ho aiutato altri ad aumentarlo ancora.

Giunto a fine di una carriera scientifica prodigiosa, Hardy scrive una difesa della propria vita che è una vera opera letteraria.
Iscrivendosi implicitamente nella lista dei grandi matematici di ogni tempo, con falsa modestia Hardy rivendica la inutilità della propria scienza ai fini pratici. Non è l’utilità il criterio con cui giudicare, ma la bellezza e il piacere del sapere. Lo scienziato chiede di essere valutato da altri scienziati sulla base del sapere: se ha aumentato il sapere e se ha indotto altri, con le proprie scoperte, ad aggiungere ancora sapere.
La scienza moderna ha inventato una organizzazione nella quale il sapere è condiviso e reso pubblico, e i criteri della qualità non sono fissati dal principe, o dallo Stato moderno, ma dagli scienziati stessi. Il criterio di affermazione della scienza non è dunque l’utilità ma il fatto che il sapere venga o no utilizzato da altri per produrre altro sapere. Questo sistema, nel lungo periodo, è la fonte più potente di innovazione e, contrariamente alle affermazioni di Hardy, ha una utilità pratica immensa. Purché lo si lasci lavorare con questi criteri.

giovedì 3 febbraio 2011

Intelligenza: un messaggio ai miei studenti

Ho recentente inviato un messaggio sul forum di miei studenti di una classe quinta, impegnati in un'esercitazione in cui sto sperimentando un approccio alla progettazione più realistico e consapevole.
Nel progetto informatico che devono realizzare cerco di giocare un ruolo di osservatore, sfruttando ogni occasione, positiva o negativa per stimolare una riflessione critica su quanto stanno facendo. Ecco il testo dell'ultimo messaggio:

Nei miei interventi degli ultimi giorni, telematici o dal vivo ho cercato
di esprimere dei concetti e fornire degli esempi che non seguono uno schema consolidato.
Spero tanto che ve ne siate accorti.
Abbiamo parlato in un recente post della gestione del tempo e dell' impegno che ogni attività degna di successo richiede.
Nulla di molto originale in questo, probabilmente sarete assuefatti a
predicozzi di questo tenore da parte di altri insegnanti, genitori o
fratelli maggiori.
Da parte di persone insomma che si sono presi carico, per ruolo ricoperto o per amore parentale, del vostro futuro.
Stavo riflettendo però sulla motivazione profonda che mi spinge ad
esternare determinati pensieri e a tentare certe strategie. E' qualcosa
che non necessariamente è legato al senso del dovere o la passione per il
proprio lavoro.
Qualcosa che mi fa sentire profondamente a disagio in questo momento storico e in particolare nella società in cui viviamo.
Forse si tratta della motivazione profonda che mi ha spinto a scegliere questo mestiere piuttosto che tentare o continuare su altre vie.
Ho compreso che si tratta del fascino che ha sempre esercitato su di me e dell'elogio che ho sempre desiderato tributare all'intelligenza.
La propria e quella altrui.
Mi sta bene tutto, disinteresse personale o svogliatezza. Desiderio o egoismo.
Ma non la stupidità. Esibita, reale o presunta.
La furbizia e l'inganno. L'ignavia o la passività.
E' l'unica cosa che odio veramente, che aborro.
Che mi da nasuea. Siamo circondati da questo clima, soffocati direi.
Non cadete in questa trappola, non nascondetevi mai dietro la finta
stupidità per convenienza.
Esibite la vostra intelligenza ogni volta che potete. Allenatela.
Questo era il senso del mio intervento sul tempo

Prima ancora di chiedervi impegno o rispetto dei doveri , mi piacerebbe convincervi della necessità fondamentale di impegnare e sviluppare la vostra intelligenza.

" A furia di camminare con lo zoppo si impara a zoppicare" dice un vecchio proverbio popolare.
Guardatevi attorno. E' tutto un esempio di astuzie, rendite di posizione, guadagni facili e apparenze lontane dalla realtà concreta.
Sembra che qualunque altro discorso sia corretto solo in senso accademico, Ma poi si scontri con la realtà quotidiana dove contano altre cose, meno che l'intelligenza.

Ebbene non è così.

E' questa la cosa che mi arreca più disagio, non solo con voi, ma anche in altre situazioni di lavoro o di amicizia.
L'esibizione della stupidità, il nascondere l'intelligenza come se fosse una malattia da non esibire. Utilizzarla solo per propri fini astuti e per sopravvivere nel quotidiano.
Qualcosa di cui vergognarsi come se arrecasse danno a chi l'intelligenza non solo non la esibisce ma forse realmente l'ha persa o non l'ha mai avuta.

E' un arrendersi al pensiero e alla pratica mafiosa questo. L'equazione "intelligente è chi è furbo", è una falsa equazione.

Mi sento a disagio quando vi osservo comportarvi in modo passivo, per difendere magari qualche sacrosanto diritto ma in modo sbagliato. Al posto di rivendicare le vostre esigenze, ritagliarvi furbescamente uno spazio che in realtà spazio non è.
Evitare un'interrogazione, studiare il minimo indispensabile.
Non arrichhivirvi, per fare dispetto a chi ?

Non esercitare le capacità innante che possedete, quelle legate alla riflessione critica, ribelle oppure saggia. Più saggia di tante persone mature che lo sono solo per l''età e il ruolo.