domenica 4 maggio 2014

Software Libero

Questo post è stato pubblicato nel Laboratorio Permanente di Tecnologie Multimediali del prof. Andreas Formiconi

Tocca un tema che mi è molto caro, e che utilizzo sempre nella mia attività didattica nelle quinte dell'istituto tecnico dove insegno. Lo riporto integralmente:



Il titolo di questo post – Libertà e partecipazione – è quello scelto da Martina per il suo tema, che viene qui di seguito.

Riflessioni sui post Software libero

Nel cominciare a scrivere questo elaborato a proposito dell’etica hacker e del software libero, devo confessare una sorta di diffidenza che da sempre in me si accompagna ai contatti col mondo digitale.
Ho sempre attribuito questo sentimento a una scarsissima padronanza di tali mezzi, giustificata in modo probabilmente troppo benevolo con la scusa che “non tutti i campi del sapere ci possono appassionare”.
Nel leggere gli articoli del blog Laboratorio Online Permanente di Tecnologie Internet per la Scuola – #loptis per la preparazione di questo esame, mi sono resa conto di cosa ai miei occhi costituiva la differenza tra ambiti come la letteratura e le arti in generale dall’informatica: se infatti in queste ultime gli spazi per esprimere me stessa e per entrare in sintonia con il frutto dell’altrui creatività mi sembravano evidenti, proprio non riuscivo a coglierli nell’informatica per come mi era stata presentata fino ad adesso.
Abituata infatti ad usufruire del computer nei suoi aspetti più banali e superficiali, l’informatica mi appariva come un mondo di spazi precostituiti ed estremamente poco modificabili ed esplorabili da coloro che percepivo solo come utenti.
È dunque solo con questo recente contatto con l’etica hacker della condivisione del sapere che comincio a rendermi conto delle enormi potenzialità racchiuse in questo universo.
Probabilmente il fatto di essere nata in un’epoca in cui tutto è profitto, rende difficile individuare l’appropriazione indebita di beni comuni in tutti i suoi aspetti. Se infatti risulta abbastanza evidente, o quanto meno a tutti comprensibile, che beni come l’acqua, l’aria, i beni del territorio debbano essere proprietà comune, la questione diventa già più discutibile quando si comincia a parlare di proprietà intellettuali e di conseguenza anche del mondo digitale.
Diceva Jean-Jacques Rousseau: Il primo che, avendo recintato un terreno, osò dire: “questo mi appartiene”, e trovò uomini abbastanza ingenui per credergli, quegli fu il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quante guerre, assassini, quante miserie ed errori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i paletti o colmando il fossato, avesse gridato ai suoi simili “guardatevi dall’ascoltare quest’impostore; siete perduti, se dimenticate che i frutti sono di tutti e la terra di nessuno.
Ebbene applicare quest’ottica anche al campo dell’informatica mi permette di capire l’importanza di una terra di tutti e di nessuno quale è il software libero. Essendo basato sulla condivisione, tale metodo consente un prodigioso sviluppo in cui ogni nuovo apporto è la base per nuove espansioni. Se è vero che siamo nani sulle spalle di giganti, risulta automatico come la condivisione di saperi ci liberi e ci permetta di innalzarci tutti insieme.
Per questo, oltre che per l’immensa fonte di guadagno che attualmente rappresenta, questo mondo virtuale è imbrigliato dalle multinazionali e da un pensare comune che criminalizza chi non si presta a questi giochi di mercato.
Non è un caso che la figura dell’hacker sia per l’opinione comune non molto diversa da quella del piccolo delinquente, quando in realtà si tratta di una persona che ha in somma considerazione l’atto creativo, che detesta tutto ciò che intralcia l’accesso all’informazione, diffida di tutto ciò che è burocrazia, di tutto ciò che è potere sovrastante, istituzionale o privato che sia, diffida in generale di ogni tipo di intermediazione, crede fermamente nella libera circolazione delle idee che ritiene una risorsa primaria, come l’aria e l’acqua, si interroga sul senso delle cose, sulla possibilità di migliorarle e ha un assoluto bisogno della libertà di provare a migliorarle. L’hacker possiede un’etica profonda ed è profondamente onesto.
Perché profondamente onesto è volere un progresso orizzontale, di cui tutti possano beneficiare, indipendentemente dai mezzi economici e dal contesto sociale; profondamente onesto è non fare delle proprie capacità un mezzo per elevarsi al di sopra degli altri ma metterle al servizio di una comunità di cui dunque ci si ritiene parte integrante.
A mio avviso è dal concetto di comunità che si deve ripartire oggi e in quest’ottica credo che d’ora in poi guarderò al mondo digitale con un po’ meno di timore e con un po’ più di curiosità.
L’interesse per il mezzo dunque, perché in esso si rispecchia anche il fine, mi porterà, spero, a trasferire quella coerenza che cerco di osservare nelle scelte quotidiane (stile di vita, acquisti, consumi) anche nell’utilizzo degli strumenti informatici, conscia dell’interconnessione tra tutti gli aspetti della nostra vita.
Microsoft Corporations e Apple Inc. mettono in atto forse forme più subdole di sfruttamento rispetto a McDonald’s con i suoi hamburgers e dobbiamo armarci di conoscenze per poterci difendere e non essere complici.

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