Più volte mi sono interrogato sulla natura della conoscenza. Per la mia attività di insegnamento, mi sembra una questione importante sulla quale vale sempre la pena riflettere.
Una domanda tutt'altro che accademica o filosofica, che tocca invece la mia attività quotidiana in classe e in laboratorio con i ragazzi.
In un recente colloquio con due di loro, mi sono soffermato sulle possibili cause della loro svogliatezza.
Un senso di noia perenne sembra a volte caratterizzarne l'atteggiamento .
Forse è solo superficialità dettata dalla scarsa considerazione verso ciò che gli viene offerto, nella scuola e fuori.
Apprendere non sembra per loro una questione importante, ma solo l'occasione di superare con meno sforzo possibile gli ostacoli che l'istituzione scolastica ed educativa sembra perennemente impegnata ad erigere sulla loro strada.
La conoscenza in effetti si forma in una prima fase, in qualunque campo del sapere, come assimilazione di nozioni, informazioni e qualche volta abilità in settori ben delimitati e circoscritti.
Ma lo scopo ultimo dell'apprendimento non è certo quello di imbottirsi la testa di nozioni esclusivamente per finalità immediate o utilitaristiche.
La differenza sostanziale sta quindi forse negli obiettivi che si prefigge chi apprende. Non avere obiettivi, o meglio non averne di propri e consapevoli, o semplicemente ridurre questi obiettivi a risultati immediati e circoscritti non consente di trasformare le nozioni apprese in conoscenza e quest'ultima in competenza.
Termine spesso abusato quest'ultimo nei dibattiti ufficiali e informali sull'educazione.
Personalmente cerco sempre di dare un significato ai termini che uso, che si avvicini il più possibile alla mia esperienza quotidiana.
Per me competenza significa 'essere', non 'sapere'. Condizione necessaria per essere è anche sapere. Ma non è sicuramente condizione sufficiente.
Un esempio è osservare il comportamento di un esperto al lavoro. Non si tratta semplicemente di applicare ad ogni problema trattato una ricetta preconfezionata. Nella maggior parte dei casi questa ricetta semplicemente non esiste.
In questo contesto l'immaginazione e la creatività è decisamente più importante della conoscenza.
Questa è limitata, e per sua natura finita. L'immaginazione sembra non avere confini ed essere caratterizzata proprio dal fatto di essere in grado di superare se stessa.
Ma contrariamente a quanto si crede, non si tratta di una dote completamente innata. E soprattutto non può fornire frutti senza sforzo continuo e metodo rigoroso.
E' questo continua tendenza a porsi degli obiettivi perseguibili, scelti liberamente seguendo le proprie passioni e i propri istinti, che ci consente di crescere.
'Essere' significa quindi diventare 'altro', superare i propri confini e quindi diventare capace di superare gli ostacoli che incontreremo.
I problemi secondo questa prospettiva diventano 'opportunità', le conoscenze si trasformano abbandonando le etichette sotto le quali erano state catalogate.
Si è allora pronti per spiccare il volo e non c'e' più posto per la noia.
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